Informazioni su: Elza Andreon

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Articoli di Elza Andreon

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Rina Menardi

Conoscevo Rina Menardi come concittadina, mamma attenta e presente; sapevo della sua attività nel campo della ceramica e da tempo apprezzavo le sue creazioni.
In realtà non conoscevo l’artista; incontrandola e conversando con lei, ho potuto scoprire prima di tutto una persona, dotata di un animo sensibile e positivo.
Direi che la sua creatività nasce da lì, e non potrebbe essere altrimenti, dal momento che ella stessa dice: “Quello che crei rispecchia quello che sei”.
Rina infatti, è un’artista che vive in stretto rapporto con la natura, da cui trae ispirazione per creare le sue forme, pure ed essenziali, capaci di evocare sensazioni sopite.
Il suo imprinting artistico inizia da lontano, quando ancora piccola, osservava affascinata il nonno lavorare alla fucina.
Ricorda che, a parte alcuni corsi di ceramica, frequentati a Perugia e a Faenza, la sua è stata una evoluzione completamente personale, fatta di ricerca e sperimentazione sui materiali, forme, colori, modi di lavorare, andando a riscoprire anche tecniche di lavorazione antiche di duemila anni.
Le sue ceramiche rappresentano insieme arte, design ed artigianato e sono caratterizzate dall’unicità, per forma e colore in ogni singolo articolo. Tutta la produzione è infatti interamente fatta e decorata a mano.

“I riconoscimenti ottenuti, se da un lato mi hanno gratificata, dall’altro mi hanno caricata di responsabilità, dice Rina, ma questo è stato l’inizio di un’avventura impegnativa ed affascinante nello stesso tempo.”
“Così a poco, a poco, il mio laboratorio è diventato una piccola azienda che, sotto la direzione commerciale ed amministrativa di mio marito Valter Milanese, coinvolge oggi una decina di persone.”
“Non è stato facile e non è facile tuttora che operiamo in spazi più ampi; l’impegno profuso rimane sempre molto alto, poiché la nostra realtà, seppur piccola, ha in sé tutta la complessità di un’azienda più grande.
Rivolgendoci a una nicchia di mercato, prevalentemente di fascia alta, è infatti richiesta semestralmente la costante presenza, con nuovi articoli, in fiere internazionali quali Milano, Parigi, Francoforte (un po’ come nella Moda) con un impegno organizzativo non indifferente.

Considerato che tutto quello che comporta il progetto, quali ricerca, ideazione, design, immagine, partecipazione ad eventi fieristici, produzione commercializzazione, logistica ed amministrazione, avviene autonomamente, l’impegno è veramente notevole.”
La produzione è tutta destinata direttamente ai negozi finali: circa l’ 80% al mercato internazionale e il 20% a quello nazionale; nella nostra zona è presente a Portogruaro da “Lan-gola” via Spalti 48 – angolo S.S. Martiri).
In Internet, utilizzando un motore di ricerca (ad esempio Google) e digitando “Rina Menardi”ci si può fare un’idea del suo lavoro.
L’anima di tutto è e resta lei, Rina, che riesce a trasmettere ai suoi collaboratori la sua stessa forza creativa facendo appello alla responsabilità e allo spirito d’iniziativa di ciascuno.

Sito ufficiale

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Scuola dicendo – Parliamo di scuola…

Mi sono posta due domande quando si è parlato di riforma della scuola.

Cosa significa riforma?
Perché l’esigenza di una riforma?

Al primo quesito mi è venuto in aiuto il vocabolario che così enuncia:
RIFORMA – Atto del riformare per dare un ordine nuovo e migliore, per trasformare una situazione, una società.

Ovviamente l’oggettività che cercavo nella definizione è messa in discussione  dal termine migliore, poiché ciascuno di noi esprime idee diverse in ordine a tale aggettivo.
La scuola dell’infanzia, elementare e media hanno subito nel tempo, modifiche nei programmi e nell’impianto; le più significative sono state: 1974 i Decreti delegati ; 77 Nuova scheda di valutazione senza voti e inserimento degli alunni diversamente abili; 79 Nuovi programmi della Scuola media; 85 I Nuovi programmi didattici nella Scuola elementare; 90 Introduzione del modulo: più insegnanti nelle classi della scuola elementare; 91 Nuovi programmi per la Scuola dell’Infanzia .
Che necessità c’era di riformare la scuola dell’obbligo dal momento che funzionava bene e che anche all’estero aveva ottenuto dei riconoscimenti positivi?
Io credo che la scuola sia una risorsa di tutti, una garanzia democratica, il motore di crescita e di sviluppo di una società e che perciò deve riguardare tutti in quanto ne va del nostro futuro e quello dei nostri figli.

E’ chiaro che a monte di ogni riforma c’è una visione ideologica della società e in primis della scuola ed è proprio per questo che un cambiamento di tale portata dovrebbe comportare:
Un coinvolgimento di tutte le componenti sociali, genitori ed insegnanti,esperti del settore in un ampio dibattito che faccia emergere le esigenze e le finalità che la società tutta persegue.
Un periodo di informazione — sperimentazione da cui emergano indicazioni e correttivi.

Tutto questo, in realtà, non è avvenuto con la Riforma Moratti (Legge n°53 /2003) già avviata nella Scuola primaria e che investirà anche la Scuola superiore.

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A contatto con la natura

Boldara è sicuramente la zona più verdeggiante di Gruaro, perciò meta di scolaresche desiderose di conoscenza e anche di adulti in cerca di pace. Essendo attraversata dal Lemene, è rifugio e casa per uccelli, anatre, oche e cigni depongono le uova nelle rive del fiume, ma purtroppo i piccoli non sempre nascono perchè dei “visitatori indesiderati” toccano le uova.
Comunque la passeggiata è un posto dove si può rimanere a contatto con la natura. Per me, le stagioni più adatte per visitare il parco, sono la Primavera e l’Estate. La Primavera, porta con sè profumi e suoni gradevoli: le piante in fiore colorano le ormai tiepide giornate primaverili che sono accompagnate dai canti degli uccelli innamorati. L’Estate è la stagione giusta per trovare refrigerio sulle rive ombrose del Lemene, oppure se si viene in bicicletta, si può fare una capatina al mulino di Boldara, non meno incantevole della passeggiata. In Autunno ci possono essere dei funghi, ma anche lo splendore multicolore degli alberi ti incanta; mentre in Inverno l’erba è piena di brina e tutto ghiaccia: sembra che si ghiacci persino il tempo.
Il Lemene è, purtroppo, il più ambito sogno di tutti i pescatori: nelle sue acque i pesci guizzano contenti e si riproducono ogni anno, e sono cibo per gli uccelli che si fermano a Boldara per fare una “pausa”.
A volte, mentre riposo sotto un albero, mi pare di sentire la sua voce, che mi ricorda quella di un ruscello che scorre impetuoso, il grido di un albero che viene abbattutto, oppure il fruscio delle ali di un uccello. Per me, la cosa più affascinante di Boldara, è guardare che cosa ha scolpito la natura: alberi incavati che ospitano humus e funghi e penso che la natura ha impiegato molti anni per creare queste meraviglie, mentre noi, in pochi anni riusciamo a distruggerle. Il caldo estivo che arroventa la testa, qui trova il posto ideale: distendersi sotto una quercia e dipingere, ecco cosa immagino, oppure creare un erbario, con tutte le piante che ci sono. A volte mi assopisco e sogno che tutto il mondo è di nuovo verde e l’uomo ha trovato il modo per non inquinare.
Quando piove, penso anche alla passeggiata e alla bicicletta: vorrei inforcarla per andare a Boldara, a vedere gli uccelli e ad ammirare il Lemene che sembra diverso quando le gocce di pioggia increspano le sue acque tranquille.

Giulia Bozza
Classe V “Edmondo De Amicis” Gruaro

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“La lezione di nonna Argelide”

da “L’Unità” del 10 Febbraio 2005

«La cultura la fà cascà la dittatura». Una frase che mi è rimasta ferma nel cervello fin dalla mia prima infanzia. La diceva nonna Argelide, contadina socialista, abitava a Volongo, provincia di Cremona, un paese dalle stesse parti di Sesto e Uniti dove è nato Sergio Cofferati. Erano gli anni neri della guerra: 1943, 1944, 1945. A Milano i bombardamenti, mio padre alla guerra in Russia, mia madre operaia della Innocenti ed io, bambina, sfollata a casa della nonna. Libera dalla scuola elementare mi divertivo un mondo a fare la guardiana delle oche che menavo al pascolo fino sulle rive del Po. Non avevo assolutamente voglia di studiare quello che si può apprendere alla scuola elementare, e quella socialista di mia nonna, con riferimento ben preciso alla dittatura agonizzante, mi rimproverava con quella frase salutare: «La cultura la fà cascà la dittatura». Sono passati tanti anni da quando sentivo con frequenza quella frase che allora mi sembrava strana ed esprimeva cose che nell’infanzia non capivo bene. Poi, anno dopo anno, considerando gli eventi, ho capito il profondo significato della frase della nonna: è stato tante volte così, i dittatori sono stati sempre nemici della cultura, della libertà di cultura, ma c’è da dire che la resistenza della cultura ha fatto sempre, seppur con infiniti sacrifici, anche i più estremi fino al martirio, finire le dittature. Tutto il Novecento insegna così. Ora nel nostro Paese si attua un progetto inquietante: tagliare – che brutto verbo, sa di ghigliottina – i fondi statali alla cultura è, a mio modesto avviso, la cosa più insana che un governo eletto democraticamente possa fare, a meno che la parola democrazia possa essere interpretata in modo totalmente distorto.Cultura vuole dire tante cose: non solo libri, non solo volumi e volumi scritti, non solo tele e tele dipinte, non solo sculture, non solo danze; cultura vuol dire anche come sapere bene coltivare i campi, come sapere tenere bene l’acqua pulita nei fiumi, come sapere parlare ai giovanissimi perché sappiano distinguere tra le cose, perché sappiano distinguere tra chi sa fare bene e che non lo sa fare, cultura vuole dire rispetto dell’ambiente, rispetto dei giovani, rispetto dei vecchi, cultura vuole dire soprattutto un impegno serio per il futuro dei giovani che sono i più bisognosi di cultura.

Io mi appello al governo del nostro Paese, governo eletto democraticamente, perché rifletta su quello che qualsiasi italiano di buona volontà ha il diritto di ricevere; mi appello perché il Governo abbia un ripensamento e trovi la maniera di non togliere alla cultura i mezzi pubblici per sopravvivere: è la necessità fondamentale per la vita morale del nostro Paese. E vorrei che un riguardo particolare venisse rivolto al futuro delle giovani generazioni, le più bisognose di certezze per trasformare i sogni in qualcosa di vero.

Carla Fracci

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