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Io non ci sto

Qualche tempo fa il comune di Adro (BS) è salito alla ribalta della cronaca per un provvedimento che ha fatto molto discutere: ha privato della mensa scolastica i bambini delle famiglie che non pagavano la retta. Tra tante reazioni riportiamo quella di un cittadino dello stesso comune che con la sua presa di posizione ha fatto pensare molti.

Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità. Ho vissuto i miei primi anni di vita in una cascina come quella del film L’albero degli zoccoli. Ho studiato molto e oggi ho ancora intatto tutto il patrimonio di dignità e inoltre ho guadagnato i soldi per vivere bene.

È per questi motivi che ho deciso di rilevare il debito dei genitori di Adro che non pagano la mensa scolastica. A scanso di equivoci, premetto che: non sono “comunista”. Alle ultime elezioni ho votato per Formigoni. Ciò non mi impedisce di avere amici di tutte le idee politiche. Gli chiedo sempre e solo la condivisione dei valori fondamentali e al primo posto il rispetto della persona. So perfettamente che fra le 40 famiglie alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti. Alcuni sono milionari e vogliono anche fare la morale agli altri. In questo caso, nel dubbio sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, chiedo con fermezza ed educazione cercando di essere il primo a rispettarle. E tirare in ballo i bambini non è compreso nell’educazione.

Ho sempre la preoccupazione di essere come quei signori che seduti in un bel ristorante se la prendono con gli extracomunitari. Peccato che la loro Mercedes sia appena stata lavata da un albanese e il cibo cucinato da un egiziano. Dimenticavo, la mamma è a casa assistita da una signora dell’Ucraina. Vedo attorno a me una preoccupante e crescente intolleranza verso chi ha di meno. Purtroppo ho l’insana abitudine di leggere e so bene che i campi di concentramento nazisti non sono nati dal nulla, prima ci sono stati anni di piccoli passi verso il baratro. In fondo in fondo chiedere di mettere una stella gialla sul braccio agli ebrei non era poi una cosa che faceva male. I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono. Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo all’anno, prima con la taglia, poi con il rifiuto del sostegno regionale, poi con la mensa dei bambini, rna potrei portare molti altri casi.

Quando facevo le elementari alcuni miei compagni avevano il sostegno del patronato. Noi eravamo poveri, ma non ci siamo mai indignati. Ma dove sono i miei compaesani, ma come è possibile che non capiscano quello che sta avvenendo? Che non mi vengano a portare considerazioni “miserevoli”. Anche il padrone del film di cui sopra aveva ragione. La pianta che il contadino aveva tagliato era la sua. Mica poteva metterla sempre lui la pianta per gli zoccoli. (E se non conoscono il film che se lo guardino…). Ma dove sono i miei sacerdoti? Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo. Se esponiamo un bel rosario grande nella nostra casa, poi possiamo fare quello che vogliamo? Vorrei sentire i miei preti “urlare”, scuotere l’animo della gente, dirci bene quali sono i valori, perché altrimenti penso che sono anche loro dentro il “commercio”.

Ma dov’è il segretario del partito per cui ho votato e che si vuole chiamare “partito dell’amore”. Ma dove sono i leader di quella Lega che vuole candidarsi a guidare l’Italia. So per certo che non sono tutti ottusi ma che non si nascondano dietro un dito, non facciano come coloro che negli anni 70 chiamavano i brigatisti “compagni che sbagliano”. Ma dove sono i consiglieri e gli assessori di Adro? Se credono davvero nel federalismo, che ci diano le dichiarazioni dei redditi loro e delle famiglie negli ultimi 10 anni. Tanto per farci capire come pagano le belle cose e case. Non vorrei mai essere io a pagare anche per loro. Non vorrei che il loro reddito (o tenore di vita) venga dalle tasse del papà di uno di questi bambini che lavora in fonderia per 1.200 euro mese (regolari).

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Che Paese, l’Italia!

Ma in che Paese viviamo? L’Italia sta andando alla deriva?

Si sta registrando un degrado etico-sociale mai avvertito prima; la nostra Costituzione continuamente calpestata se non violata nei suoi principi fondamentali, democrazia, libertà, uguaglianza che si fondano sulla dignità della persona, di qualunque persona.
Razzismo, omofobia, violenza, bullismo, non rispetto delle regole e dell’ambiente, sembrano aver sostituito  senso civico e solidarietà, smentendo la tradizionale accoglienza dimostrata dagli Italiani nel corso della propria storia.

Come mai? Non basta cercare le cause nella crisi economica e neppure dire che è colpa della TV e della stampa. (Certa stampa comunque, non è priva di responsabilità, se pensiamo alle campagne diffamatorie a carico di personaggi più o meno noti!)
Si è parlato tanto dell’esclusione del Crocefisso dagli edifici pubblici e nel contempo la nostra classe politica pare fare un uso spregiudicato di una sottocultura qualunquista e demagogica che sdogana le peggiori istanze di una minoranza razzista, omofoba, xenofoba e violenta.
Giovani dotati, senza prospettive,  devono abbandonare l’Italia per potersi costruire un futuro, poiché nel proprio Paese valgono più la raccomandazione, le conoscenze, il nepotismo piuttosto che il talento. Altro che Meritocrazia!

Basta assistere a qualunque “dibattito” politico per capire, anzi non capire in che Paese viviamo! La verità non è mai stata così contraddittoria; tutti sembrano aver ragione e nel contempo avere torto. Eppure la classe politica che ci governa sostiene di agire nell’interesse e nel nome del popolo italiano da cui pare abbia avuto una delega “in bianco”.

Un radicale ricambio dei nostri rappresentanti politici, più lontani dalle ideologie, dai propri interessi e privilegi personali e più vicini agli interessi veri della collettività, forse porterà maggiore fiducia nelle Istituzioni e quindi maggiore partecipazione e consapevolezza della gente al vivere comune.

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Delle “invasioni barbariche” (ovvero, nuove forme di povertà)

Essendo donna e lavoratrice (pensate quante cose si possono fare a questo mondo) ogni mattina inforco la mia utilitaria, vado al lavoro e accendo la radio, tanto per non prender sonno al primo semaforo.

L’altro giorno, una botta di vita. Dal profondo del mio stadio larvale, sento una notizia effetto sveglia. Un intelligentone, pare pure al governo del suo territorio, dice che per ogni torto subito da un cittadino italiano, dieci extra comunitari dovrebbero venir puniti (mancava solo un “Ja wohl!” per connotare meglio il suo intervento).

In un primo momento resto allibita, dopo penso se indignarmi o no, perché esternazioni del genere non si dovrebbero neppure commentare, visto che non han senso di esistere. Poi, quando nei successivi tre chilometri rischio di tamponare più volte l’auto di fronte a me, decido di indignarmi: riguardo certe cose non si può far finta di niente. Toccano corde profonde nel cuore e nel cervello.

Mi lascio quindi andare ad alcune riflessioni di tipo politico (ma chi l’avrà scelto questo individuo?), religioso  (non esiste una giustizia divina che fulmini all’istante chi proferisca parole del genere?) e legale (non esistono i crimini umanitari?).

Secondo questa corrente di pensiero dobbiamo guardarci dalle invasione del barbaro straniero. Siamo forse alle soglie di un nuovo Medioevo? L’impero sta andando a rotoli? Meno male che c’è chi ci illumina, ci protegge e ci guida. E soprattutto trova capri espiatori.

Crolla l’economia? Colpa dei cinesi. Aumenta la criminalità? Colpa degli albanesi e rumeni. La famiglia va a catafascio? Colpa degli omosessuali. Si surriscalda il pianeta? Colpa degli eschimesi….
Caro amico della porta accanto, guarda che c’è qualche cosa che non va. Troppo facile e comodo cadere in queste mistificazioni. Non offendiamo l’intelligenza delle oneste persone. Andiamo oltre.
Viviamo sicuramente nella società del benessere, ma siamo molto vulnerabili sul piano dell’educazione emotiva. Percepiamo forme di malessere intorno a noi, c’è carestia di valori, di significati e di sicurezze. In questo senso sì ci troviamo di fronte ad un nuovo Medioevo e posso capire che, come le streghe all’epoca, si cerchino i responsabili in chi è più esposto ed emarginato; ciò accade perché sta emergendo una nuova forma di povertà non economica ma più pericolosa: quella emotiva, relazionale e culturale.

La fiducia nell’altro è lacerata perché si sono interrotti i canali comunicativi più importanti, cioè quelli che si basano sul concetto di accettazione; manca la volontà di rispettare come interlocutore chiunque, soprattutto chi è diverso, perché riconoscere i bisogni degli altri, significa ridimensionare i propri. Si è stabilita invece una relazione basata sull’imposizione di autorità e forme di potere  in risposta ad episodi di violenza che comunque vanno condannati. Ma chi delinque lo fa perché assume comportamenti errati e non perché è cinese, albanese, rumeno, omosessuale o, peggio ancora, eschimese.

I conflitti vengono risolti trincerandosi in biechi meccanismi di difesa come l’accusa o la generalizzazione reciproche, non si accetta più la mediazione che salva e dignifica le individualità a confronto.

E perché?

  • E’ difficile comunicare perché significa uscire dal proprio egocentrismo.
  • E’ difficile comunicare perché le proprie sicurezze entrano in crisi.
  • E’ difficile comunicare perché significa cambiare, cosa che all’essere umano costa fatica e frustrazione.

Perciò quando sentiamo certe “sentenze” dette, fatte, mostrate ogni giorno in ogni luogo, non affrontiamole con superficialità o peggio indifferenza. Indignamoci, perché l’indignazione viene da dentro ed è solo dentro di noi che possiamo trovare  gli strumenti per modificare le cose.

Come ha detto di recente qualcuno che di questo se ne intende: “il vero nemico non è molto lontano, spesso è seduto sul divano di casa tua … e non ha gli occhi a mandorla”.

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