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Il Big Bang sul palmo della mano: l’esperimento ALICE all’acceleratore LHC del CERN

“Cosa fate voi fisici?”. Ecco una domanda che mi sono sentito rivolgere molto spesso in questi anni.

Rispondere ad essa è molto meno facile di quanto non si pensi e descrivere “all’uomo della strada” che tipo di attività svolga un fisico sperimentale è tutt’altro che immediato. Nell’immaginario comune, nel migliore dei casi, alla parola “fisico” si associa l’immagine dell’immortale Albert Einstein, ma nel caso peggiore veniamo pensati chiusi in laboratori segreti a progettare e realizzare nuove e terribili tecnologie di distruzione di massa.
Inutile dire che la realtà, come nella stragrande maggioranza dei casi, è totalmente diversa e non collima con il cosiddetto “sentimento popolare”.
Proprio per darvi un’idea del lavoro di chi, giorno per giorno, si dedica a piccole e grandi ricerche, colgo questa ulteriore occasione per parlare di quale sia la realtà quotidiana per uno studente di dottorato come me.

La mia attività di ricerca si svolge all’interno di un esperimento di fisica nucleare delle alte energie, noto con il nome di ALICE (acronimo di A Large Ion Collider Experiment). ALICE è uno dei quattro maggiori esperimenti in allestimento presso LHC (Large Hadron Collider), la nuova macchina acceleratrice costruita presso il CERN di Ginevra.
LHC, la cui costruzione ha richiesto quindici anni di lavoro e la profusione di notevoli sforzi finanziari ed umani, consentirà di accelerare fasci protoni e nuclei di elementi pesanti, come il piombo, ad energie fino ad oggi mai raggiunte sulla Terra e disponibili solamente nelle profondità del cosmo.
ALICE utilizzerà le particelle che così accelerate saranno fatte collidere le une contro le altre per andare a studiare le caratteristiche della materia che ci circonda in condizioni di temperatura e densità elevatissime che si ritiene fossero presenti nei primi istanti di vita dell’universo, all’incirca un milionesimo di secondo dopo il Big Bang, nome con il quale in fisica è chiamato l’istante in cui tutto ha avuto inizio.

A tutti gli effetti, quindi, ALICE aprirà una finestra su un passato remotissimo, un passato che in questo modo ci apparirà meno oscuro e spingerà ancora più in là la nostra conoscenza sulle origini del cosmo.
Sfortunatamente, le condizioni che in ALICE cercheremo di riprodurre sopravviveranno per un tempo brevissimo, 10 milionesimi di miliardesimo di miliardesimo di secondo, un tempo troppo breve per poter essere valutato direttamente. Per questo, ALICE è stato progettato e costruito per poter osservare e studiare non il momento della collisione ma tutto ciò che uscirà dal punto in cui le particelle si scontreranno. In parole povere, è come studiare la composizione e il funzionamento di un orologio mandandolo in mille pezzi e analizzandone i frammenti prodotti. Questo approccio, per quanto incredibile e paradossale, da 50 anni a questa parte ha consentito progressi inimmaginabili nello studio dell’immensamente piccolo e, al tempo stesso, dell’immensamente grande.