L’altra faccia dello sviluppo cinese… “Still Life” di Jia Zhang-Ke

Vincitore del Leone d’oro all’ultima mostra del cinema di Venezia, il film “a sorpresa” della sezione in concorso, Still Life del 37enne Jia Zhang-Ke non è un film facile, e come altre opere di cineasti cinesi indipendenti, non ha avuto vita facile, in patria (pur avendo ottenuto l’approvazione della State Administration of Radio, Film and Television).
Non è un film facile per il pubblico occidentale, perchè in alcun modo cerca di “strizzare l’occhio” allo spettatore, né da un punto di vista meramente emotivo, nè da un punto di vista “epico” (alla Zhang Yimou, per intendersi). Non è un film di denuncia (anche se affronta tematiche sociali), o almeno non lo è in senso stretto, né tantomeno sottende particolari metafore o giudizi. Non propone soluzioni alle situazioni che rappresenta, né critica direttamente le politiche di “sviluppo” del Partito Comunista Cinese (tema sottilmente centrale del film, e per questo soprende l’approvazione dei censori), si astiene dall’indirizzare troppo profondamente l’idea che può formarsi lo spettatore alle vicende che narra.

Still Life è, come dice il titolo, la ripresa di uno spaccato di vita, a Fengjie nei pressi della diga delle 3 gole sul fiume Yangtze, opera colossale già sognata da Mao, e nella fattispecie dei lavoratori addetti alla costruzione del nuovo quartiere della città. Nonostante ciò, Still Life non è nemmeno un documentario.
Ambientate tra la vecchia città (già allagata) ed il nuovo quartiere in costruzione, s’intrecciano due storie di ricerca, distanti per estrazione sociale dei protagonisti, ma per certi versi similari: quella di Han Sanming, minatore, in cerca della moglie “comprata” (e scappata) 16 anni prima, che troverà temporaneamente lavoro come demolitore; e quella di Shen Hong, infermiera trascurata dal marito imprenditore edile, che si reca nella medesima città sulle sue tracce, dopo che per due anni non è rientrato a casa. I due personaggi non s’incontrano mai (frequentano anche ambienti diversi), le loro storie procedono parallele ed entrambi porteranno a termine i propri fini, anche se le soluzioni alle loro vicende non sono certo esaustive. Non c’è compassione per gli accadimenti, è quasi come se fossero dei meri “comprimari”, sui quali cala temporaneamente l’interesse del regista, che li usa come “uni tra tanti”.

Ciò che colpisce prima di tutto è la dinamicità di questa “nuova” Cina, così lontana sia da quei stereotipi classici che ancora si amavano nei cineasti della quinta generazione (Yimou e Kaige tra tutti) sia dalla frenetica modernità delle città maggiori viste in altri opere (“Le biciclette di Pechino”, “Suzhou River”, ad esempio). Colpisce come tutti (o molti) possiedano un telefono cellulare, come la televisione influisca sulle menti dei più giovani, come l’anacronistico apprezzamento di un concerto rock possa alleviare le fatiche del giorno. Ancora ciò che colpisce è lo spirito di questi operai cinesi, che ai nostri occhi potrebbero superficialmente sembrare dei poveracci, quasi dei reietti sociali, ma che di fatto costituiscono quel “corpus” pulsante e operoso, fondamento dello “sviluppo” cinese; fieri, giovani, dediti al lavoro e pazientemente speranzosi nel futuro, carichi ancora di una forte componente sociale le (vivono, mangiano, discutono insieme), non suscitano nè mostrano alcun pietismo: la povertà come condizione comune è accettata, il benessere di pochi è visto come una meta per il quale impegnarsi.

Pur non mancano moltissimi riferimenti alle condizioni di lavoro in cui si trovano gli operai: l’assoluta scarsezza di mezzi (emblematica la scena dello smantellamento A MANO di una fabbrica), gli infortuni non retribuiti, le paghe basse, lo sfruttamento, la burocrazia pressochè onnipresente, l’assurdità e disumanità degli espropri e lo scarso valore in genere per la vita umana (che porta a delle vere e proprie faide tra poveri).

Un film sicuramente poco comune e -ahimè- finanche poco visibile, ma che consiglio caldamente a tutti gli interessati di Cina (se qualcuno può ancora permettersi di non esserlo…).

scheda film su IMDb

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