35 scatti per 10 giorni in Cina: “Qilu International Photography Week”

L’inaugurazione è stata “wagneriana” con oltre 2-3000 visitatori e centinaia di fotografi ammucchiati sotto la pedana d’onore riservata ai politici e a noi invitati, sempre più senza fiato di fronte all’imponenza dell’evento.

I giorni seguenti, sempre scortati da polizia e servizi di sicurezza, che bloccavano il traffico al nostro passaggio, abbiamo percorso il Paese per centinaia di chilometri, su strade invariabilmente piantumate, lungo i bordi, per oltre 50 metri di larghezza, da milioni e milioni di alberi. Niente fabbriche lungo le strade, solo vegetazione. Quanto alle bretelle autostradali, solo foreste  piantate in mezzo!

Il Governatore della Provincia di Shandong (98.000.000 di abitanti), nel corso della cena data in nostro onore a Jinan, ci ha dichiarato che dopo aver vinto la scommessa economica, la Cina si prefiggeva come scopo quello di vincere la sfida culturale. Difficile non intuirlo e prevedere un fallimento!
Il nostro invito si integrava ovviamente in questa iniziativa pubblicitaria ma di certo non era solo a senso unico.

La nostra visita è culminata, il giorno prima del nostro ritorno in Europa, con l’invito a partecipare alla cerimonia di commemorazione di Confucio a Qilu. Fra le mura  di cinta di una zona sacra, fra alberi centenari e templi  altrettanto antichi, abbiamo potuto seguire le fasi di questa annuale ricorrenza, a cavallo fra cerimonia religiosa e parata militare, con un protocollo certo rigido  ma alla fine decisamente addolcito dal buonumore e dalla vena ironica della gente.

Tutto sommato, questo è forse l’aspetto più marcante: il cinese, a parer mio, ci è molto vicino; ama molto ridere e non si offende se lo si prende in giro, pronto a renderti la moneta della tua battuta. Da disinvolto chiacchierone si trasforma poi, in un attimo, in serissimo interlocutore. Però, anche in occasioni di dibattiti ufficiali, non disdegna la battuta che riscalda l’atmosfera e rilassa gli animi concentrati.

Insomma un popolo collettivista, che non mi sembra  molto difficile da avvicinare singolarmente, che non si vergogna di fare ginnastica per strada e di brindare amichevolmente, dimenticando titoli e posizione sociale, in barba ai protocolli troppo spesso compassati delle nostre cerimonie ufficiali. Certo il Paese è sotto controllo stretto e sappiamo tutti che i diritti civili sono ancora un optional. Per un cinese non è facile uscire  dai confini, però penso che il suo sentimento di appartenere ad un grande Paese, quella fierezza che gli si legge negli occhi, insomma quel “cocorico” nazionalista alla francese, che così poco si percepisce in Italia, lo aiutano certamente a sopportare questa mancanza  e lo porteranno a poter confrontarsi molto rapidamente con noi.

A vantaggio di chi sarà il confronto?

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