Archivio di: Maggio 2007

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De Chirico: un pittore moderno con uno sguardo verso il passato

A Padova, dal 20 gennaio al 27 maggio 2007, per iniziativa della Fondazione Bano, Palazzo Zabarella propone “DE CHIRICO”. Prima di entrare nei dettagli della mostra però bisogna chiedersi: chi era Giorgio  De Chirico? Questo artista fu sicuramente il più importante esponente della Pittura Metafisica. La Metafisica nasce nel 1917 attraverso l’incontro di De Chirico con Carlo Carrà, in precedenza esponente del movimento futurista. Per Metafisica Giorgio De Chirico intendeva l’allusione a una realtà diversa, che va oltre quello che vediamo, i contenuti di un dipinto infatti devono andare al di là della realtà, cioè oltre natura e questo modo di pensare è ben spiegato dalla sua frase “Bisogna dipingere ciò che non si vede”.

Può essere metafisico tutto quello che è estraneo alla logica ambientale in cui siamo abituati a vederlo, in pratica un qualsiasi oggetto isolato dal contesto in cui solitamente si trova e inserito in un altro. Questo crea in noi inquietudine, angoscia, quasi un senso di paura, perché tutto sembra insolito, inaspettato, a- logico. Elemento fondamentale per creare questa sensazione di inquietudine è il disegno che per questo artista ha sempre costituito un fattore idealizzante della realtà poiché gli oggetti totalmente incongrui rispetto al contesto vengono rappresentati con una minuzia ossessiva, una definizione tanto precisa da sortire un effetto contrario a quello del realismo.

Per comprendere meglio questo spirito è bene analizzare un’opera di questo artista, che è presente in mostra, che si intitola Ettore e Andromaca. In questo quadro tutto è statico, sospeso; quello rappresentato è un luogo sognato, solo apparentemente reale, dove tutto è immobilizzato. In questo luogo no possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che degli uomini hanno l’aspetto ma non l’essenza. In questo luogo no possono abitare uomini, esseri viventi ma solo manichini, che degli uomini hanno l’aspetto ma non l’essenza. I manichini molti presenti nei quadri di De Chirico infatti sono solo figure geometriche astratte. Il percorso si articolerà dunque in diverse sezioni corrispondenti ai vari “momenti” artistici di de Chirico.

Dalle prime opere simboliste si arriva fino alla scoperta delle piazze e delle torri, architetture dell’invisibile e dell’infinito, tra il 1909 e il 1913, per approdare nel 1914 a quella che l’artista chiamava “la solitudine dei segni” ovvero la metafisica che dal 1914 al 1918, avrà il suo pieno sviluppo di cui fa parte il quadro “Ettore ed Andromaca”.
Poi vi è una svolta nel primo dopoguerra, infatti, nel 1919, dato lo scarso riconoscimento critico riservatogli in Italia, mentre in Europa e in particolare a Parigi si guardava alla sua pittura metafisica come a un punto di riferimento, de Chirico sorprende tutti tornando a forme di rivisitazione classica. E’ l’epoca dei grandi quadri allegorici conosciuti col nome di “Ville Romane”, delle nature morte e degli autoritratti pieni di metafore e di simboli.

Il rientro a Parigi, alla fine del ‘25, comporta un ritorno alla metafisica. In realtà de Chirico rimane legato a una sua visione del mondo basata sulla nostalgia del classico, ma concepita in pieno spirito di modernità. A questo periodo, che dura fino alla fine del 1929, appartiene gladiatori.
Gli anni ’30 segnano una crisi e vedono il Maestro in bilico tra naturalismo e metafisica. È il periodo dei famosi “Bagni Misteriosi”.
La svolta verso un ridondante gusto “Barocco”, che si manifesta nella pittura di de Chirico a partire dal suo rientro dal lungo viaggio in America (agosto 1936 – gennaio 1938) sarà rappresentata, per decisione dei curatori, solo da un’ampia selezione di autoritratti.
La mostra si concluderà con una scelta di opere neo-metafisiche, nelle quali il vecchio pittore, dopo la metà degli anni ’60, rivisita figure e temi del suo  passato.

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L’altra faccia dello sviluppo cinese… “Still Life” di Jia Zhang-Ke

Vincitore del Leone d’oro all’ultima mostra del cinema di Venezia, il film “a sorpresa” della sezione in concorso, Still Life del 37enne Jia Zhang-Ke non è un film facile, e come altre opere di cineasti cinesi indipendenti, non ha avuto vita facile, in patria (pur avendo ottenuto l’approvazione della State Administration of Radio, Film and Television).
Non è un film facile per il pubblico occidentale, perchè in alcun modo cerca di “strizzare l’occhio” allo spettatore, né da un punto di vista meramente emotivo, nè da un punto di vista “epico” (alla Zhang Yimou, per intendersi). Non è un film di denuncia (anche se affronta tematiche sociali), o almeno non lo è in senso stretto, né tantomeno sottende particolari metafore o giudizi. Non propone soluzioni alle situazioni che rappresenta, né critica direttamente le politiche di “sviluppo” del Partito Comunista Cinese (tema sottilmente centrale del film, e per questo soprende l’approvazione dei censori), si astiene dall’indirizzare troppo profondamente l’idea che può formarsi lo spettatore alle vicende che narra.

Still Life è, come dice il titolo, la ripresa di uno spaccato di vita, a Fengjie nei pressi della diga delle 3 gole sul fiume Yangtze, opera colossale già sognata da Mao, e nella fattispecie dei lavoratori addetti alla costruzione del nuovo quartiere della città. Nonostante ciò, Still Life non è nemmeno un documentario.
Ambientate tra la vecchia città (già allagata) ed il nuovo quartiere in costruzione, s’intrecciano due storie di ricerca, distanti per estrazione sociale dei protagonisti, ma per certi versi similari: quella di Han Sanming, minatore, in cerca della moglie “comprata” (e scappata) 16 anni prima, che troverà temporaneamente lavoro come demolitore; e quella di Shen Hong, infermiera trascurata dal marito imprenditore edile, che si reca nella medesima città sulle sue tracce, dopo che per due anni non è rientrato a casa. I due personaggi non s’incontrano mai (frequentano anche ambienti diversi), le loro storie procedono parallele ed entrambi porteranno a termine i propri fini, anche se le soluzioni alle loro vicende non sono certo esaustive. Non c’è compassione per gli accadimenti, è quasi come se fossero dei meri “comprimari”, sui quali cala temporaneamente l’interesse del regista, che li usa come “uni tra tanti”.

Ciò che colpisce prima di tutto è la dinamicità di questa “nuova” Cina, così lontana sia da quei stereotipi classici che ancora si amavano nei cineasti della quinta generazione (Yimou e Kaige tra tutti) sia dalla frenetica modernità delle città maggiori viste in altri opere (“Le biciclette di Pechino”, “Suzhou River”, ad esempio). Colpisce come tutti (o molti) possiedano un telefono cellulare, come la televisione influisca sulle menti dei più giovani, come l’anacronistico apprezzamento di un concerto rock possa alleviare le fatiche del giorno. Ancora ciò che colpisce è lo spirito di questi operai cinesi, che ai nostri occhi potrebbero superficialmente sembrare dei poveracci, quasi dei reietti sociali, ma che di fatto costituiscono quel “corpus” pulsante e operoso, fondamento dello “sviluppo” cinese; fieri, giovani, dediti al lavoro e pazientemente speranzosi nel futuro, carichi ancora di una forte componente sociale le (vivono, mangiano, discutono insieme), non suscitano nè mostrano alcun pietismo: la povertà come condizione comune è accettata, il benessere di pochi è visto come una meta per il quale impegnarsi.

Pur non mancano moltissimi riferimenti alle condizioni di lavoro in cui si trovano gli operai: l’assoluta scarsezza di mezzi (emblematica la scena dello smantellamento A MANO di una fabbrica), gli infortuni non retribuiti, le paghe basse, lo sfruttamento, la burocrazia pressochè onnipresente, l’assurdità e disumanità degli espropri e lo scarso valore in genere per la vita umana (che porta a delle vere e proprie faide tra poveri).

Un film sicuramente poco comune e -ahimè- finanche poco visibile, ma che consiglio caldamente a tutti gli interessati di Cina (se qualcuno può ancora permettersi di non esserlo…).

scheda film su IMDb

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maggio 2007

Di seguito il sunto delle attività fin qui svolte:

  • 23 marzo 2007: “Immigrazione e globalizzazione: come cambia la nostra società” – Relatore: dott. Bruno Anastasia – Osservatorio “Veneto lavoro”.
  • 13 aprile 2007: “Il clima che cambia: stato di paura o scomoda verità?” – Relatore: dott. Fulvio Stel – OSMER – FVG.
  • 20 aprile 2007: “TFR: informazioni per l’uso” – Relatore: sig. Renzo Moret – INCA CGIL – Portogruaro.
  • 19 maggio 2007: Visita guidata ad alcune chiese del circuito “Chorus” di Venezia.

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Incentivi anti-inquinamento (previsti dalla legge finanziaria 2007)

A. CALDAIE, PANNELLI, ISOLAMENTI TERMICI

Innalzamento dal 36% al 55%della detrazione fiscale per interventi di aumento di efficienza energetica.
La detrazione che si riferisce a una spesa sostenuta nel 2007, va suddivisa in tre quote annuali di pari importo. Le azioni incentivate si riferiscono a:

  • Interventi per la riduzione dei consumi di energia sia degli edifici nuovi che di quelli esistenti, con un contributo massimo di 100mila euro in 3 quote annuali. Isolare gli edifici, cioè fare indossare il “cappotto alla nostra casa, può valer un 20-30% di consumi in meno. Quasi il 70% dei costi energetici di una famiglia, sono destinati al riscaldamento degli ambienti. Investire in una buona coibentazione durante la costruzione ex novo, fa risparmiare fino al 60% delle spese di riscaldamento. A questo riguardo, a partire dal 10 luglio 2008 ci sarà l’obbligo della certificazione dei consumi energetici. Dal 1° luglio 2009 infine, l’etichetta energetica diventerà obbligatoria anche per vendere un singolo appartamento. La certificazione energetica è un documento che descrive nei dettagli i consumi del nostro appartamento e che va prodotta se si vogliono ottenere gli incentivi.
  • Installazione dei pannelli solari per la produzione di acqua calda e per il riscaldamento; il bonus potrà arrivare fino a un massimo di 60mila euro in 3 anni.
  • Interventi di copertura, isolamento dei pavimenti, delle pareti e installazione di finestre ad alta tenuta energetica. Il bonus è di 60mila euro max.
  • Installazione di caldaie a condensazione. Detrazione max è di 30mila euro.

N.B. I RIMBORSI SONO CONDIZIONATI DALLA CERTIFICAZIONE DELL’EDIFICIO!

B. FRIGORIFERI E CONGELATORI

Detrazione fiscale in un’unica rata, per la sostituzione di frigoriferi e congelatori di classe energetica non inferiore ad A+, acquistati nel 2007. La spesa ammissibile non deve superare i 1000 euro per ciascun apparecchio; la detrazione non potrà essere superiore a 200 euro.

C. AUTO A METANO

Riduzione del 20% del carico fiscale per il gpl. Questo comporta una diminuzione del prezzo alla pompa di circa 38 centesimi al litro, iva compresa. Sono previsti incentivi per trasformare le autovetture a gas metano o gpl (650euro se si fa entro tre anni dopo l’immatricolazione; 350euro per chi ha un’auto euro 0 o euro 1) che quelli per l’acquisto di un’auto a metano e gpl (1500 euro per ogni vettura con un’ulteriore sconto di 500 euro se le emissioni di CO2 sono inferiori a 120 grammi per km).

D. PANNELLI FOTOVOLTAICI

Sarà possibile cedere alla rete nazionale, l’energia elettrica prodotta da impianti casalinghi ed eventualmente eccedente il proprio bisogno. I piccoli fornitori potranno vendere la loro ecoelettricità a un prezzo agevolato fino a 0,49 al kw.

Per saperne di più:

  • Utilissimi consigli per risparmiare energia: www.ecoage.it
  • Energie rinnovabili: www.fonti-rinnovabili.it (sito collegato a Legambiente che contiene anche un elenco di installatori di pannelli solari diviso per regioni).
  • Per informazioni precise su costi e opportunità, ma anche per passare alla fase progettuale: www.ice.it , istituto per il Commercio Estero.
  • Per incentivi e rimborsi da parte dello Stato, consultare il sito del governo: www.governo.it e si clicca su “Finanziaria”, voce ENERGIA.
  • Può essere utile consultare il progetto “CasaClima” della provincia autonoma di Bolzano: www.provincia.bz.it

azlea

P.S. Anche la nostra amministrazione comunale dovrebbe dare il buon esempio, riducendo lo spreco dell’illuminazione pubblica!

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Cambia la gestione del territorio del nostro Comune

L’articolo 117 della Costituzione, con modifica del 3/2001, ha definito, tra i poteri legislativi delle Regioni, anche quello relativo al “governo” del territorio.
Pertanto, la Regione Veneto si è dotata di una legge, la n°11 del 23/4/2004, con la quale detta le norme per il governo del territorio veneto, definendo tra l’altro le competenze di ciascun Ente territoriale compresi i Comuni.

I contenuti e le finalità di tale legge regionale prevedono la promozione di uno sviluppo sostenibile e duraturo, nel rispetto delle risorse naturali, la tutela delle identità storico-culturali e del paesaggio rurale e naturale, la riqualificazione ed il recupero del tessuto insediativo esistente, la messa in sicurezza dai rischi sismici ed idrogeologici.
Le finalità sopra citate si raggiungeranno mediante procedimenti di pianificazione semplici e trasparenti, prevedendo la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini e delle rappresentanze economiche-sociali.

La responsabilità della gestione del proprio territorio sarà in capo ad ogni singolo Comune, mentre la pianificazione urbanistica e territoriale si attuerà attraverso il coordinamento tra Regione, Province e Comuni.

Sono previsti, da questa legge regionale, diversi strumenti urbanistici:

  • A livello comunale un P.A.T. (Piano Assetto Territorio) ed un P.I. (Piano Interventi), che andranno a sostituire gli attuali P.R.G. (Piani Regolatori Generali).
  • A livello provinciale vi sarà un P.T.C.P. (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale).
  • A livello regionale un P.T.R.C. (Piano Territoriale Regionale di Coordinamento).

Fatta questa premessa, come si sta muovendo il nostro Comune o per essere precisi la Giunta Comunale?

Il primo atto è stato quello d’incaricare lo studio PROTECO di S. Donà di Piave, per elaborare un “Documento preliminare al PAT” ed un “Primo Rapporto Ambientale”, adottati dalla Giunta e successivamente oggetto di un “Accordo di programma” tra Regione Veneto, Provincia di Venezia e Comune di Gruaro.

In tale accordo viene inquadrato fisicamente, morfologicamente e territorialmente, il nostro Comune considerato:

  • pianeggiante ed agricolo,
  • composto dal Capoluogo di Gruaro,
  • dalle frazioni di Giai e di Bagnara,
  • dalle località di Boldara, Mondina, Sega e Malcanton; in quest’ultima località si trova l’area industriale servita dall’autostrada A28.
  • I corsi d’acqua principali sono: il Lemene e il Reghena; quelli minori il Versiola e il Rio Carziola (Rojale).
  • La strada provinciale SP76 e altre comunali costituiscono una sufficiente rete di collegamento.
  • I nuclei abitati sono per lo più costituiti da fabbricati singoli a due piani.

Il Piano di Assetto Territoriale (PAT) dovrà individuare, al proprio interno degli Ambiti Territoriali Omogenei (ATO) per caratteristiche ambientali, residenziali, insediativo-strutturali, paesaggistiche.

A questo punto, il gruppo  di minoranza “Uniti per Gruaro” ha ritenuto opportuno richiedere in merito, un coinvolgimento di tutti i Consiglieri comunali, attraverso un apposito incontro per l’approfondimento sulle scelte fin qui operate sia dai tecnici che dalla Giunta.

Nell’incontro tenutosi il 15/1/2007, presso la Sede Municipale, con la presenza tra gli altri, dell’urbanista e pianificatore della Proteco, Arch. Francesco Fiotto, sono state illustrate le principali considerazioni che hanno portato a suddividere il territorio in Ambiti Territoriali Omogenei (ATO).
Considerata l’importanza della documentazione presentata, per un corretto sviluppo edilizio del territorio del nostro Comune, i presenti hanno convenuto che, prima della deliberazione del Consiglio Comunale, sia opportuno consultare le categorie economiche e la popolazione per eventuali osservazioni o suggerimenti.
La procedura seguita dal comune di Gruaro è quella concertata con gli altri enti pubblici interessati e si dovrebbe concludere entro il 2007.

Il PAT avrà durata illimitata, mentre il PI avrà durata quinquennale.

Gruppo consiliare “Uniti per Gruaro”

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Luca Bidoli

Luca Bidoli è nato a Gorizia nel 1967, ma risiede a Gruaro da alcuni anni, anche se sono pochi quelli che lo conoscono; anche la mia conoscenza è recente e so poco della sua storia personale, ma ci sono i suoi quadri a parlare di lui, del suo mondo che ruota attorno a persone, animali e cose a lui vicini e cari: la moglie Jacqueline, i suoi cani, la sua casa, gli amici.

Il suo percorso come pittore è molto personale, lontano da scuole ed accademie, imperniato essenzialmente sulla ricerca e scoperta; inizialmente, lui dice di non aver avuto dei riferimenti culturali precisi, dei modelli; non era supportato neanche dal tipo di studi fatti, essenzialmente tecnici; gli piaceva dipingere, stop; poi di pari passo con l’estrinsecarsi della passione è venuta la sua voglia di informarsi, di conoscere, e tra i pittori che ha scoperto ed ama in modo particolare ci sono Burri ed Afro, quest’ultimo soprattutto per la potenza del segno. Egli aggiunge inoltre di non aver mai provato grande interesse per la tecnica, “anche se -dice Luca- certamente c’è stata una evoluzione nel mio modo di dipingere; inizialmente stilizzavo tutto, adesso invece amo di più il realismo, pur usando colori acidi, non reali”. Ecco, il colore, è questo uno dei segni peculiari e più originali della pittura di Luca Bidoli.

Guardando i suoi quadri si è colpiti appunto da essi, i colori, che sono quelli primari (blu, rosso, giallo), usati puri, senza sfumature, contornati spesso di nero, considerati a volte contrastanti; ma dice Luca “per me non è così, in questo modo si ha una comunicazione immediata, diretta e diventa intrigante, coinvolgente trovare un equilibrio; è un po’ la metafora della vita”.
A far da contraltare a tanta “temerarietà” coloristica ci sono però i temi rappresentati, che egli attinge dalla sua vita quotidiana e familiare e che rappresenta  in modo realistico e figurativo.
Ecco allora i suoi amati levrieri, coprotagonisti, con la moglie Jacqueline, di tanti quadri, a cui sono accostati, soprattutto nelle ultime opere, elementi vegetali a sottolineare che “l’uomo è inserito nella natura, anche se le si contrappone… nelle mie opere -ribadisce- pongo semplicemente in relazione l’uomo con la natura, evitando qualsiasi giudizio ed interpretazione”.

Egli inizia a dipingere, soprattutto per sé, nel 1988, ma lo fa sporadicamente; la voglia gli viene, a suo dire, con il trasferimento nella nuova casa, a Bagnara, in via Bosco, proprio perché gli offre un contatto continuo ed immediato con quella natura, che lui sente tanto, e che abbraccia uomini, animali e vegetali, che nei suoi quadri, a volte, si fondono assieme in una nuova creatura ibrida.

Le prime collettive risalgono al 2005, poi l’incontro nel 2006 con il gallerista Gianni Boato che ha per lui parole lusinghiere: “mi colpirono soprattutto i colori, così forti e primitivi, con tagli netti nelle suddivisioni delle immagini. C’era qualcosa che mi attraeva in questi lavori…” e gli organizza la prima personale, alla quale sono seguite molte altre a Jesolo e a San Donà. Le più recenti sono quelle realizzate a Portogruaro, presso lo studio d’architettura “Arkema”, poi al bar “La Lanterna”, e l’ultima alla galleria Degani, inaugurata il 31 marzo e rimasta aperta fino al 30 aprile.

Certo, per concludere, la sua non è una pittura accattivante, facile, ma superato lo stupore e la sorpresa iniziali, ne subisci la fascinazione e ti incanti dinanzi a tanta intensità comunicativa perché “Luca ha la capacità di tradurre in poche e semplici pennellate, un perfetto ritratto psicologico di ciò che ritrae, ed è sorprendente come riesca a dare un’anima ai suoi cani”. (Gianni Boato).

Sito ufficiale

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Ernesto Calzavara

Te si dentro

Te si dentro e no te trovo
te si fora e no te trovo
te si da par tuto
fra tute le robe del mondo
le pigne le piaghe le stringhe le ongie
le franze che sponze
le pignate de marenghi remenghi
le patate sgionfe de sono
e me poro nono

e no te trovo.

Ti che te si
fra mi e mi
no te vedo no te trovo
no te trovo.

La scelta

Tra quel che xe fora e quel che xe drento
tra quel che xe nudo e quel che xe vestìo
tra quel che par e quel che xe
tra la màscara e el viso
tra el dir e el far
tra mi e no-mi
tra note e dì
te si ti
mente che trema
‘desso a decìdar

e se sbagli te mori.

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Energia ecologica? Quella che si risparmia

Il 16 febbraio 2005 entrava in vigore il protocollo di Kyoto: il trattato che prevede l’obbligo per i paesi industrializzati di operare una drastica riduzione di elementi inquinanti (i gas serra: anidride carbonica, metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni registrate nel 1990, considerato come anno di riferimento. Tale riduzione dovrà avvenire nel periodo 2008/2012.

Questo non basta più! Da dire che molti Paesi, fra cui l’Italia, non solo non hanno ridotto le immissioni, anzi le hanno aumentate!

Infatti l’allarme “Pianeta Terra” che riguarda il surriscaldamento dell’atmosfera terrestre è da attribuirsi, ormai tutti gli scienziati concordano, all’inquinamento prodotto dall’uso intensivo del petrolio, del carbone e del gas; questo per produrre l’energia necessaria a far funzionare le attività umane delle civiltà industrializzate.
Gli effetti disastrosi sul clima sono sotto gli occhi di tutti e noi stessi ne siamo testimoni. Se non interverranno dei correttivi, le emissioni di anidride carbonica, che negli ultimi 10 anni sono aumentate del 20%, produrranno per la Terra un peso insostenibile. La febbre del pianeta pone gli uomini di fronte ad una scelta: continuare a correre verso il disastro o cambiare rotta.

Che cosa può FARE ciascuno di noi?
CONSUMARE MENO partendo da piccoli, ma importanti cambiamenti, nel nostro stile di vita.

Ecco alcuni suggerimenti:

  • Utilizzare lampade a basso consumo energetico.
  • Scegliere l’acquisto di elettrodomestici ad alta efficienza, ovvero di classe A; si risparmia fino al 10% di elettricità.
  • Avviare la lavatrice e la lavastoviglie a pieno carico e a temperature non troppo alte.
  • Non lasciare gli elettrodomestici in stand-bay e spegnere il computer quando non si utilizza.
  • Regolare il termostato del riscaldamento e controllare regolarmente la caldaia per consumare. meno.
  • Scegliere prodotti a basso impatto ambientale riconoscibili da un marchio di garanzia europeo.
  • Scegliere alimenti di stagione e possibilmente di origine locale.
  • Privilegiare i prodotti imballati senza spreco e con materiali riciclabili.
  • Non sprecare l’acqua: chiudi il rubinetto quando ti insaponi o ti lavi i denti.
  • Utilizzare l’automobile solo quando è necessario; usa la bicicletta sapendo che fa bene a te e all’ambiente.
  • Andare alle fonti rinnovabili (Solare termico, fotovoltaico).
  • Impiegare materiali isolanti se si compra o si ristruttura una casa.

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Il past (il pranzo di nozze)

Nell’immediato dopoguerra, negli anni che vanno, grosso modo, dal ‘45 al ‘55, sia il rinfresco, sia il pranzo di nozze venivano fatti in casa; naturalmente, per l’occasione si mobilitava tutto il vicinato con richieste di tovaglie, tovaglioli, posate, pentole, piatti, bicchieri e bicchierini, il tutto rigorosamente contrassegnato, onde evitare litigi quando avveniva la restituzione. Le liti però nascevano lo stesso, regolarmente, vista la furbizia delle donne, che non aspettavano momento migliore per poter scambiare, ad es., un tovagliolo macchiato con uno  perfettamente pulito.

I preparativi incominciavano una quindicina di giorni prima della data prefissata; i genitori degli sposi si riunivano e decidevano il menù.

Quello tipo era :

rinfresco:

  • Vermut con savoiardi, caffé, vino bianco, grappa.

pranzo:

  • Antipasto – salame, pancetta, ossocollo, con giardiniera o insalata russa.
  • Primo – minestrina in brodo con pastina (con il passare degli anni arrivarono anche i tortellini).
  • Secondi – lesso di gallina e di tacchina, a volte anche manzo, accompagnati da giardiniera, cren e patate lesse; arrosto di pollo, di faraona, d’anatra, d’oca (naturalmente venivano scelti e portati in tavola solo due degli arrosti succitati); più tardi arrivò anche l’arrosto di vitello.
  • Contorni – spinaci al burro (di rigore!), insalata con ravanelli (in primavera), radicchio con le “frisse” (in autunno), patate al forno.

Con le pietanze si serviva il pane e mai polenta (al massimo la si portava in tavola con il formaggio, alla fine del pranzo). La preparazione del rinfresco e del pranzo veniva affidata ad un cuoco o ad una cuoca.

Il giovedì, prima del sabato, giorno stabilito per il matrimonio, incominciavano le pulizie della casa; si partiva normalmente dalla cucina, di solito molto grande che ospitava la stufa, el spoler, che misurava almeno 2,5 metri di lunghezza e 1,5 di larghezza, dove sarebbe stato cucinato il pranzo. Bastavano una imbiancata ai muri, mastellate d’acqua sul pavimento, che era di cemento grigio, con sfumature rosso scuro verso le pareti, una pulitina ai vetri; per l’occasione si cucivano anche tendine nuove. Una volta pulita, si riempiva questa enorme stanza con i tavoli, a seconda del numero degli ospiti.

Il venerdì si passava poi a riordinare il cortile; per prima cosa si rinchiudevano le galline nel pollaio, poi si riparava la stropa (la recinzione del cortile, fatta di pali di salice, tagliati a misura d’uomo e legati, uno vicino all’altro con fil di ferro, anche il cancello era fatto allo stesso modo); si spazzava poi il cortile con grosse scope di saggina; l’operazione veniva ripetuta il sabato mattina, dopo aver fatto abbeverare le mucche, che, si sa, ritornando dalla fonte alla stalla, lasciavano sempre un regalino per strada.
Sempre il venerdì, venivano ammazzati i capi di pollame e raccolte e pulite le varie verdure. Quindi tutti, uomini, donne e bambini, avevano il loro bel daffare, ma per fortuna, a quei tempi, le famiglie erano molto numerose.

Il sabato mattina, verso le 5.30, arrivava la cuoca e, per almeno due ore, era indaffarata a tagliare e a squartare i polli, le galline, le anatre e i tacchini e a scegliere i pezzi per le varie ricette.

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D’un tratto…

In genere in queste poche righe, cerco di riflettere su qualche tema o di carattere generale o di vita interna dell’Associazione, questa volta invece voglio occupare questo spazio per condividere con voi un’emozione profonda e intensa che ho provato incontrando, in occasioni diverse due persone, lo scrittore israeliano Amos Oz ed un prete, Pierluigi Di Piazza, fondatore ed anima del Centro d’accoglienza e promozione culturale “E. Balducci” di Zugliano (Udine).

Due persone distanti geograficamente tra loro – uno, ebreo d’Israele, l’altro friulano -culturalmente e per formazione; uno laico, non religioso, l’altro prete (che rifiuta peraltro l’etichetta di “funzionario del sacro”) ed operatore sociale, ma uniti da un convinto e sentito “I care” (mi riguarda). Entrambi sono impegnati a dare il loro contributo per una soluzione concreta, realistica e possibile ai “drammi delle persone e dei popoli” siano essi ebrei e palestinesi per il primo, o tutti i diseredati del mondo per il secondo.

Un compito impegnativo, vissuto e partecipato da tutti e due, in modo diretto, semplice, credibile, senza nascondersi e nasconderci difficoltà e perseguito con modalità a tratti simili; essenzialmente la parola per l’uno e l’altro, la parola e l’accoglienza per il secondo, e a volte diverse: accettazione del “compromesso”, inteso in senso alto come capacità di adeguarsi al reale, alla vita (il contrario di compromesso è per lui fanatismo, morte), per risolvere la questione israelo-palestinese, per Oz; intransigenza ferma, non nei confronti delle persone, ma sui principi, sulla scelta delle soluzioni per Di Piazza, perché una sola può essere la strada da percorrere se ci si vuol mettere dalla parte dei diseredati.

Mi fermo qui, con queste brevi annotazioni perché non vorrei togliervi il piacere della scoperta, e che scoperta!

Aggiungo solo due suggerimenti di letture per facilitarvi nella vostra ricerca:

  • AMOS OZ – “Contro il fanatismo” – Feltrinelli;
  • GIANLUIGI DI PIAZZA – “Nel cuore dell’umanità – storia di un percorso” – Centro di accoglienza e di promozione culturale “E. Balducci” – Editrice