Orietta Celant

Celant Orietta, via Bagnarola 13, Bagnara, pittrice; queste le scarne informazioni a mia disposizione, attinte dal depliant della mostra d’arte tenutasi a settembre a Gruaro, quando ho chiesto di incontrarla per questa nostra rubrica. E’ stato un po’ un appuntamento al buio il nostro, ma non sono certo rimasta delusa. Orietta si è raccontata con grande trasporto e sincerità, parlandomi di sé, del suo percorso artistico, dei suoi progetti ed aspirazioni.

Mi ha ricordato di come la sua passione per la pittura risalisse ai tempi della scuola media, frequentata a Cinto Caomaggiore, di cui è originaria, di come avrebbe voluto intraprendere studi di tipo artistico, ma di come questo, per una serie di circostanze, non fosse stato possibile, e di come molti la esortassero a tenere i piedi per terra, per cui lei, sia pure a malincuore, aveva dovuto cedere e aveva ripiegato su un’altra passione, quella di riserva, lo stilismo. Ecco quindi la scuola professionale per stilista di moda, accompagnata dallo studio della tecnica sartoriale, proprio per dare concretezza alla sua formazione.

Conseguita la maturità professionale, le prime esperienze di lavoro, una in particolare, nel campo dell’alta moda, che, a suo dire, le ha insegnato molto, le ha aperto la mente e le ha dato la possibilità di affinare il suo gusto e l’ha spinta a proseguire gli studi a Treviso, dove ha conseguito il diploma di stilista.
E’ un periodo questo che Orietta ricorda con piacere e che l’ha avvicinata al suo sogno di sempre: frequentare l’Accademia delle Belle Arti, sogno accarezzato ancora oggi e che prima o poi, vista la determinazione, lei si è impegnata a realizzare. “Non mollo…” ripete a questo proposito. Apre poi una sua sartoria che le dà molte soddisfazioni… “ma -dice Orietta- avevo sempre voglia di pittura che alimentavo, visitando tutte le mostre che potevo, anche se il desiderio di fare precedeva e superava l’esigenza di conoscere e di capire.”

Il matrimonio e la nascita dei figli segnano una pausa nel suo impegno lavorativo, ma la convincono al tempo stesso che dipingere per lei è vitale e cerca quindi, nei ritagli di tempo (“ancora adesso- dice- dipingo soprattutto di notte”) di “rinfrescare” il suo senso del colore, frequenta così alcuni corsi di pittura, come quelli tenuti dai maestri Mario Pauletto e Igea Lenci Sartorelli e partecipa a varie mostre, a livello amatoriale, che le danno la carica perché trova “stimolanti queste occasioni in cui c’è qualcuno che parla di te, cerca di entrare nella tua opera, di capire”.

Nel frattempo matura una sua scelta, per quanto riguarda il soggetto da rappresentare  nei suoi quadri: il suo interesse è tutto per la figura umana, in particolare quella femminile, perché, secondo lei, più complessa, con mille sfaccettature e possibilità interpretative, un mix di forza e di debolezza insieme. Riassume tutto questo, in una sorta di manifesto personale della sua poetica, in uno dei primi quadri “Il tramonto”, ispirato alla figura della madre e ad alcune tappe della vita di lei, sintetizzate con amore e sofferenza. Se le si chiede quale sia la tecnica preferita, lei, premesso che nella tessitura di un quadro considera fondamentale il disegno, i cui tratti rimangono spesso visibili nei suoi quadri, risponde che naturalmente, accanto alla matita, c’è l’olio, che dice di adorare.

Quanto al modo di procedere, aggiunge che a volte dipinge di getto, altre volte più meditatamente, a seconda degli stati d’animo e sottolinea che è essenziale per lei esprimersi con modalità diverse.
Ancora una volta, al momento di congedarci, ribadisce che la pittura è un punto fermo della sua vita, che essa ha avuto una funzione consolatoria in tanti momenti difficili e che rimane un obiettivo non certo raggiunto, ma da perseguire con tenacia e da cui si sente attratta istintivamente con forza.

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