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Centro socio-riabilitativo “Amedeo Pellegrini”

Che cos’è il centro socio riabilitativo che ha sede nella ex scuola elementare di Bagnara?
Forse anche altri Gruaresi si sono posti questa domanda, che abbiamo girato alle responsabili del Centro, le signore Michela Corte, responsabile del centro diurno e della comunità, e Rosanna Rubin, Vice-presidente della Cooperativa nonché responsabile gestionale, che gentilmente ci hanno dato le informazioni che riportiamo a seguito.

L’edificio, di proprietà del Comune, è stato ceduto all’A.S.S.L. n° 10 che l’ha ristrutturato per adibirlo a centro di accoglienza per portatori di disabilità.
La stessa ha affidato, con una convenzione, il servizio alla nostra cooperativa “Alba”, che offre le migliori garanzie e affidabilità e che da tempo lavora nel mondo dell’handicap.
Il centro è diventato operativo nel 1999.
Oggi vi lavorano 10 operatori socio-sanitari, 1 accompagnatore, un autista e una signora che si occupa delle pulizie.
Il personale è tutto formato, secondo gli standard regionali, da figure professionali adatte alle esigenze degli assistiti.

Gli ospiti sono disabili che vivono nel territorio e il servizio si articola in due ambiti:

  • Centro diurno
  • Comunità alloggio.

La cooperativa non offre solo assistenza a utenti affetti da disabilità serie, ma svolge anche un’attività educativa organizzando laboratori creativi e un’attività riabilitativa con l’intervento di un fisioterapista; ovviamente le proposte riservano maggior attenzione al percorso più che ai risultati, poiché lo scopo principale è quello di tutelare la persona nella sua interezza.
Il diurno funziona dalle ore 8.30 alle ore 16.30 ed è frequentato da una decina di utenti, per i quali è previsto anche il servizio di trasporto.
La comunità alloggio può ospitare al massimo 8 persone che vivono all’interno della struttura anche di notte e sono seguiti sempre dal personale preposto.

Fra gli obiettivi del servizio di comunità alloggio vi è quello di alleviare le famiglie, con figli o parenti diversamente abili, dal carico assistenziale per brevi o lunghi periodi, concordati con le Assistenti Sociali di riferimento. A tal proposito, si segnala che il centro socio- riabilitativo lavora  in costante collaborazione con l’A.S.S.L. e con le famiglie. Queste ultime in particolare rappresentano dei validi “giudici” e degli  insostituibili consulenti.
L’età media degli utenti è di circa trent’anni; spesso, infatti, è questa l’età in cui la famiglia ha più bisogno dell’appoggio della comunità, perché i genitori sono anziani e non sempre sono in grado di offrire al ragazzo un’assistenza adeguata.

Purtroppo i rapporti con il territorio sono scarsi e si limitano a contatti sporadici; il volontariato  non è sempre disponibile nei giorni feriali, quando la gestione del centro ne trarrebbe  un reale vantaggio.
Infatti anche una semplice uscita con le carrozzine (che al diurno costituiscono circa l’80% dell’utenza) richiede la presenza in servizio di quasi tutti gli operatori, cosa non attuabile poiché gli operatori  lavorano a turno.

Per quanto riguarda il rapporto utenti / operatori, la normativa prevede uno standard 1:2,5: vale la pena sottolineare che il personale messo a disposizione va molto al di sopra di tali standard, per una precisa politica di erogazione del servizio da parte della Cooperativa.
Bisogna comunque sottolineare che per svolgere al meglio questo lavoro, non basta la professionalità, ma sono richieste  una sensibilità e una capacità relazionale notevoli.

La cooperativa Alba inoltre svolge un’opera di sensibilizzazione e penetrazione territoriale, affiancando la propria attività assistenziale e riabilitativa con l’organizzazione della “Rassegna di teatro handicap -L’Alba del  teatro” nell’ambito della stagione teatrale 2006/2007 del Comune di San Stino.
Per chi fosse interessato, domenica 25 Febbraio 2007 ore 17, va in scena “Circle Alba”.

Una nota a parte circa il nome del centro “Amedeo Pellegrini”. A. Pellegrini fu, per moltissimi anni, medico e ufficiale sanitario del Comune di Gruaro; era per tutti un riferimento insostituibile, un professionista competente e disponibile, forse un po’ austero e burbero, ma fidato e amato. Un affetto che è stato ricambiato dal “dottore” che ha lasciato a Gruaro la sua cospicua raccolta di libri, ora conservati nella biblioteca comunale.
Il nome del Centro è quindi un giusto riconoscimento della Comunità all’operato di un medico e di una persona corretta e onesta.

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Non solo calcio…

Amo ogni tipo di sport, perché mi piace misurarmi con me stesso, mettermi alla prova, soddisfare, se è possibile, il mio desiderio d’avventura, o fare esperienze inconsuete. Spesso ho perseguito questi obiettivi con caparbietà, incurante delle mie condizioni fisiche e con un certo amore per il rischio. In questa mia sete di sperimentare tutto sono approdato alla canoa quasi per caso, spinto da un gruppo di amici fiorentini, con i quali avevo fatto il progetto (mai realizzato) di percorrere, in canoa naturalmente, il tratto Venezia – Trieste.

Con un amico però, su una canoa canadese, ho disceso il torrente But da Paluzza facendo… naufragio (e non è stato il primo); è stata poi la volta del Cellina dove ho dovuto fare i conti con difficoltà anche di 3° grado; ed ancora del Lago di Barcis, dove ho percorso un fantastico canyon con relativa cascata. Ho anche partecipato a 3 campionati italiani di handycayak, ottenendo qualche discreto risultato. Dopo questa prima fase “eroica” mi sono accorto che non era tanto la competizione che mi interessava, quanto le possibilità che mi offriva la canoa come mezzo di trasporto versatile e maneggevole: potevo pagaiare con altri, penetrare in ambienti diversissimi tra di loro, spaziare dal torrente di montagna con i suoi salti, al fiume placido di pianura, alle acque immobili delle valli e delle lagune (consiglio a questo proposito il percorso Portogruaro – Caorle), sempre in silenzio, attorniato dal solo rumore dell’acqua, pronto a cogliere gli stimoli che vengono dall’ambiente circostante, con possibilità di guardare e di pensare.

Ho trovato una risposta adeguata a queste mie nuove istanze in una manifestazione “Il Sile per tutti”, nata ormai 17 anni fa, aperta a tutti, abili e disabili; ed è stato proprio il fatto, che l’iniziativa facesse leva  su questo concetto di uguaglianza e di pari opportunità offerte a tutti, che mi ha affascinato e mi attrae ancora in modo particolare, tanto che ho coinvolto, in questa mia passione, familiari ed amici, arrivando al punto di riuscire a trascinare con me, negli anni, fino a 200 persone. Il partecipare a una manifestazione come quella citata, non competitiva e che ha il sapore di una festa sull’acqua, può essere un modo buono per avvicinarsi a questo sport, per conoscerlo da vicino, poi uno può decidere di coltivare la disciplina anche a livello agonistico o come meglio crede. A questo scopo segnalo che a Portogruaro esiste un “Canoa Club” a cui è possibile fare riferimento.

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Disabili – Una testimonianza

Parlare di persone “diversamente abili”… bella sfida… che posso dire?
Forse potrei partire dicendo che lo siamo tutti, in quanto ciascuno di noi ha delle abilità differenti (io per esempio sono bravo a fare la pizza, a quanto dicono…), delle qualità, delle doti, delle caratteristiche che lo rendono unico e insostituibile, assolutamente originale.
Tuttavia non mi sento così capace di “filosofeggiare” su questi concetti…

E allora mi conviene partire dalla mia esperienza personale a contatto con queste persone e cercare di raccontare quello che ho visto e sentito.
Vediamo un po’ …. Potrei chiedere a chi legge di fare così: chiudete gli occhi e pensate a cosa vi viene in mente se vi dico la parola “disabile” o “handicappato” o “ritardato” o “matto” (che fra l’altro sono tutte paroline scherzose e per nulla pesanti o offensive…, ma che appartengono al linguaggio comune…). Fatto? Bene.

È’ probabile che vi siano venute in mente immagini di persone sedute in carrozzina che si spingono con le mani… o che sbavano e vi guardano fisse… o che sono tutte deformi, con le mani, le braccia, le gambe, i piedi storti e contorti come rami di alberi… o persone che camminano avanti ed indietro in una stanza affermando ad alta voce di essere Napoleone… o persone che non parlano… o non vedono… o non sentono… insomma persone che quando le incontri per strada, spesso si fa finta di non vederle e ti fanno cambiare direzione mentre cammini… oppure li si fissa con curiosità morbosa.

Ebbene… a questo punto abbiamo solo due scelte: o ammettiamo che questo variegato campionario di umanità esista, con tutte le conseguenze e le responsabilità che questo comporta, oppure le mettiamo alla porta e ne ignoriamo l’esistenza o cerchiamo di sopprimerle rapidamente…
Ma in ogni caso il problema è nostro, perché stare a contatto con queste persone ci fa toccare con mano le nostre fragilità e debolezze e le nostre difficoltà nel riconoscere l’altro come diverso da me, ma allo stesso tempo uguale a me…

Francamente, dopo quasi dieci anni di volontariato, mi sento di dire, a coloro che fanno la seconda scelta, che non sanno cosa si perdono…
Sapete, la cosa più sorprendente e forse anche banale da dire è che da questo colorato pezzo di umanità io ho ricevuto molti più “doni” di quanti non ne abbia dati a loro. E sono in grado di ricordare tutte le persone, le situazioni, le esperienze nelle quali ho potuto ricevere tutto ciò.

Vi faccio degli esempi di questi “regali”: ho imparato ad essere Paziente. Delicato. Rispettoso. Attento. Sorridente. Allegro. Ad accarezzare e coccolare. Ad ascoltare. A stupirmi delle piccole cose. A giocare. Ad essere Spontaneo… Insomma un sacco di cose… che mi hanno sicuramente reso migliore di quello che ero…
Ho sperimentato – con mia grande meraviglia e stupore –  cosa può voler dire essere amici di qualcuno, sentire che l’altro ti accoglie per quello che sei, che non pretende niente da te se non quello che tu gli vuoi dare, che ti accoglie sempre e che non ti giudica, che esprime le sue emozioni in modo spontaneo e invita te a fare altrettanto…

Quindi quando mi capita di andare per strada spingendo una persona in carrozzina e di incontrare la classica signora di mezz’età che ci ferma e dice “che bravo che te sì…”, dentro di me penso sempre che questo significhi “che bravo che sei tu – seduto su quella carrozzina –  che permetti a questo essere umano che ti spinge di avere l’onore di relazionarsi con una persona speciale come te”.

Se a chi legge, potranno sembrare retoriche o “buoniste” queste mie parole… non importa… il mio intento non è di far cambiare idea o convincere nessuno… ma esprimere ciò che per me è importante e prezioso…
Poi se – per caso – qualcuno leggendo fosse interessato a saperne di più o fosse incuriosito… andate a vedere questo sito internet: www.arca93.it ; è il sito dell’associazione di volontariato di cui faccio parte…

Ecco, ho fatto pure un po’ di pubblicità…
Ringrazio l’Associazione “La Ruota” per lo spazio concessomi…

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