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“Darkness within” di James Kendall

Controverso il terzo film della serata: “Darkness Within” dell’italo-inglese James Kendall, peraltro tra i più lunghi (20 minuti), con il quale svoltiamo proprio pagina, sia da un punto di vista formale che meramente tecnico.
Progetto pensato per il diploma di regia cinematografica alla London Film School, datato 2009, girato interamente a Berlino per ragioni economiche (a detta del regista), il film è un thriller claustrofobico che si tramuta via via in un horror movie splatter, pur mantenendo le caratteristiche estetiche di cui al principio.

La storia è piuttosto semplice: racconta il rientro a casa di una coppia borghese (Marc e Marie), trasferitisi da poco in un quartiere altolocato, che viene presa di mira dai vicini psicopatici e omicidi.

Molti dei cineasti presenti ieri sera dovrebbero studiare il film di Kendall, per capire come si gestiscono gli attori e curano le interpretazioni, senza che risultino sovrabbondanti o poco credibili, anche in un contesto thriller-horror. Ma dovrebbero studiarlo anche per altri aspetti: è infatti la pellicola meglio curata, sotto tutti i profili e punti di vista, fotografia (forse con l’eccezione di alcuni neri talora frastornanti), recitazione, montaggio, riprese, e dimostra come pur con pochi mezzi si possa realizzare un’opera che nulla ha da invidiare a produzioni più blasonate.

Però… c’è un però. Cosa manca al film di Kendall per essere memorabile?

Sicuramente le limitazioni della storia, e l’abbondanza di topoi poco originali, pertanto poco inquietanti. Quello che manca è la tensione angosciante che dovrebbe essere fondativa della prima parte, più interlocutiva e psicologica. In molte scene la prevedibilità rovina letteralmente l’atmosfera. Quando Marie entra finalmente in casa il riproporsi del classico stilema “squillo di telefono”, “coltello da cucina”, nascondiglio ed apparizione del “boogieman” è talmente telegrafato ed abusato che non spaventa minimamente. Altrettanto abusato è poi l’impiego delle maschere veneziane dei sadici torturatori: più che alienare le loro emozioni forse il regista avrebbe fatto meglio ad esplicare maggiormente le loro “ragioni”.
Infatti anche se da un lato suggerisce “un patto” con Marc per spaventare Marie, dall’altro non comprendiamo quali finalità perverse la “regina sadica” Babette Winter (sicuramente la migliore interprete del lotto) si proponga… forse una maggior insistenza su di un piano vagamente lesbo-nazistoide avrebbe aiutato?

Un plauso infine alle scene splatter, efficaci proprio perchè poco esplicite. Insomma un’ottima prova, ma che va completata e messa alla prova con uno script più attento.

Voto 3/4

Un’intervista a James Kendall su filmdoc.it

Un’interessante intervista di Chiara Pani a James Kendall su italiansexymodels.com

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