archivio articoli
2

TAV (VE-TS): soluzione o problema?

Il titolo dell’articolo è tratto dal tema del convegno svoltosi a San Donà di Piave nel dicembre 2010, con la partecipazione di docenti universitari e di tecnici di livello regionale e nazionale. Se la Ferrovia ad Alta Velocità sia infatti una soluzione o un problema è un quesito a dir poco affascinante, anche se assai poco coinvolgente; almeno a giudicare dal livello d’attenzione sino ad ora suscitato nei cittadini del Veneto Orientale.

Per capire se lo stesso quesito sia o meno ozioso (oltre che affascinante) si propone di partire dalla “soluzione” che la stessa TAV andrebbe a rappresentare. Già, soluzione; ma soluzione a che cosa? Non esiste, nel Veneto e nel Friuli (stiamo parlando della tratta Venezia-Trieste) una “emergenza trasporti ferroviari”. Nel senso che, se è vero che i treni italiani sono indecenti e in perenne ritardo, è altrettanto vero che la linea a due binari esistente è sfruttata appena al 70 % della propria capacità. Si potrà obbiettare, a questo punto, che non esiste neppure un’emergenza abitativa o di capienza balneare, eppure si continua a costruire allegramente consumando territorio a ritmi impressionanti.

Qualcuno, disinformato e in vena di facezie come l’Assessore regionale alle infrastrutture Chisso, ha quindi sostenuto che la TAV avrebbe potuto smaltire parte del traffico merci attualmente su gomma. Peccato che gli esperti dello stesso Ministero sostengano che le merci non possono viaggiare sugli stessi binari dell’Alta Velocità; non solo, ma che le sole merci che attualmente conviene trasportare in ferrovia e su lunghe tratte, sono quelle povere (materie prime quali carbone, sabbia, legnami, ecc.): giusto quelle di cui l’Italia non dispone.
Come se non bastasse tutto questo è stata appena avviata la realizzazione della terza corsia autostradale, fortemente voluta dalla Regione Friuli (che detiene l’80% delle azioni di Venetostrade e che dal traffico autostradale trae un utile annuo che si aggira intorno ai 20-25 milioni di euro) e dalla Regione Veneto. Si potenzia cioè il traffico su gomma (che è in buona parte di puro attraversamento) e si dice, contestualmente, di volerlo trasferire in parte sull’Alta Velocità.

Ecco allora che l’espressione “soluzione”, riferita alla TAV, assume un significato diverso. Soluzione la TAV lo è per l’apertura di cantieri, ovvero per la movimentazione di montagne di denaro a beneficio dei soliti, noti e ignoti. E poco importa se la criminalità organizzata si inserisce nel colossale affare (che per i cittadini oltretutto è soltanto fonte di un maggiore debito pubblico): l’importante è che il denaro possa circolare (con buona pace del ministro leghista Maroni che si offende quando Saviano dice che la Mafia e la Camorra fanno affari al nord, dove la Lega comanda).
Fin qui l’asserita soluzione, trascurando volutamente le facezie della presidente della Provincia di Venezia Zaccariotto, che in una intervista televisiva ha avuto il coraggio di affermare che la TAV “avrebbe potuto determinare benefici al traffico balneare” (!).

Veniamo ora al problema; perché se non è soluzione, problema la TAV lo è eccome.
Si tratta invero di un problema articolato e di drammatiche dimensioni; ovviamente non percepito o soltanto in minima parte dai cittadini, che sono stati tenuti accuratamente all’oscuro di tutto questo, sia dalle istituzioni locali che dai partiti, ovvero dagli stessi che dovrebbero garantire la democrazia.

Il problema principale è costituito dalla devastazione territoriale. Dalla distruzione irreversibile della sola, vera risorsa che questa società lascerà in eredità al futuro e che appare ancora costituita dall’ambiente, dal territorio, dalla naturalità residua e dal paesaggio.
Qualcuno ha sostenuto (non manca mai il Vauro di turno, ovvero il cittadino in vena di facezie) che con qualche barriera arborea si risolve il problema estetico. Noi siamo di diverso avviso, perché un viadotto di altezza oscillante fra i tre e i dieci metri attraverso le campagne di Altino, Cà Tron, Marteggia, Millepertiche, Caposile, Palazzetto, Stretti, Busatonda, Sant’Elena, San Stino, Lison, ecc. ecc. andrà a determinare un impatto devastante e irreversibile. Uno sfregio destinato a durare per l’eternità (quella degli uomini, ovviamente) e a cambiare la vita e la percezione del proprio ambiente a migliaia e migliaia di cittadini. Come a dire che Attila, al confronto, era un alunno del collegio delle Suore, un bimbetto innocente, essendo che gli effetti delle sue terribili scorribande si cancellavano nel volgere di uno, due decenni.

Ci sono poi i problemi idrogeologici, ovvero quelli legati alla capacità portante di terreni imbevuti d’acqua perché di bonifica; o, ancora peggio, quelli dovuti ai passaggi sotterranei (vedi Mestre-Marghera-Tessera), con l’interruzione del deflusso di falda che sorregge i territori lagunari e litoranei.
Ci sono i problemi connessi con l’apertura di cantieri destinati a durare una generazione (un quarto di secolo appena!). Cantieri che andranno a significare nuove strade, migliaia di automezzi in transito, nuove cave e i bambini che cresceranno avendo la percezione di essere nati in un gigantesco cantiere, anziché nella leggendaria “Venezia Orientale”, tanto declamata quanto vituperata.

Infine, ma non certo da ultimo, nella scala attuale di valori della politica locale e nazionale, il problema economico. Problema che può essere tradotto in sintesi in un quesito: chi pagherà la TAV?

Bella domanda; anche questa estremamente suggestiva, perché la risposta è: non saranno l’assessore Chisso e il presidente Zaia a pagare, ma saremo noi. Saranno i cittadini, saranno cioè proprio coloro che la TAV la vedranno passare e basta e che a Kiev non andranno mai (a Kiev sembra non ci sia una grande domanda di badanti e quanto al turismo, langue).

A questo punto riteniamo che il quadro, anzi l’affresco (perché questo è il paese di Michelangelo e noi, nonostante tutto, siamo i suoi discendenti) sia abbastanza dettagliato. Questo significa, concludendo, che chi ha occhi per vedere, sensibilità per percepire e cultura per capire, potrà farsi un’idea della TAV. Un’idea che non significa “l’altra TAV”, ovvero una soluzione meno impattante, che esiste soltanto nella fantasia di qualcuno; ma che significa che il solo tracciato possibile della TAV è quello che non esiste.

Riferimenti:

Wikipedia

Ferrovie a nordest

Comitato NO TAV Venezia Trieste

Movimento 5 Stelle Basso Piave

[print_link]

1

Mostra Brunello il 12-13 febbraio 2011 a Portogruaro

RIZOO Group in collaborazione con l’Associazione Officine Duende

è lieta di invitare la S.V.

all’inaugurazione del primo evento artistico Pop up
che si aprirà con la mostra fotografica

“Gli occhi di Chiara”

di Valentina Brunello

L’inaugurazione si terrà sabato 12 febbraio 2011 alle ore 11:00
presso il Centro RUA in Via Filzi n°5 (laterale di Viale Venezia) a Portogruaro (Ve)

Letture e musiche a cura di Officine Duende

La mostra sarà visitabile:
sabato 12 febbraio dalle 11.00 alle 19.00 e
domenica 13 febbraio dalle 10.00 alle 19.00

Info:
http://www.rizoo.it/
http://www.valentinabrunello.eu/
http://centrorua.blogspot.com/

RIZOO è un’associazione culturale, formata da professionisti in diversi settori, dall’architettura, all’arte, alla comunicazione, che ha l’intento di ridiscutere l’attuale panorama artistico – culturale. L’associazione si propone di affrontare questo obiettivo con un approccio multidisciplinare, capace di coinvolgere contemporaneamente diversi punti di vista in un’unica fruizione.

VALENTINA BRUNELLO nasce nel 1970 a Gorizia, dove vive e lavora. Ha sviluppato l’interesse per la fotografia parallelamente agli studi universitari in architettura a Venezia. I temi che ha affrontato sin dai primi scatti analogici in bianco e nero riguardano principalmente il paesaggio urbano ed i soggetti architettonici; negli ultimi anni sta approfondendo il tema del ritratto utilizzando prevalentemente attrezzatura digitale. Numerose le mostre collettive e personali tra cui: Maninfesto – Fotografia in Friuli Venezia Giulia, Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea, Passariano-Codroipo (Ud); Tracce, Eurart 2005, Casa Morassi, Gorizia, 2006, mostra collettiva; 6 x una mostra, Centro Culturale Bratuz, Gorizia, 2005, mostra collettiva; Entrata Libera, Gruppo E-20, Gorizia, 2004, mostra collettiva; Spiaggia libera, Galleria La Fortezza, Gradisca d’Isonzo, 2010, mostra personale.

  Locandina mostra fotografica di Valentina Brunello (172,5 KiB, 5 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

  Cartolina mostra di Valentina Brunello, 12 febbraio 2011, Portogruaro (83,9 KiB, 1 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

  Cartolina mostra di Valentina Brunello, 12 febbraio 2011, Portogruaro (42,5 KiB, 2 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.


1

Incontro con Michele Zanetti, “Gli animali stanno vincendo”

Salve a tutti!

Informo che venerdì 18 febbraio 2011 alle ore 21, presso la Villa Ronzani di Giai di Gruaro, si terrà l’incontro con l’amico, collaboratore e naturalista Michele Zanetti dell’Associazione Naturalistica Sandonatese, che presenterà il suo volume dal titolo “Gli animali stanno vincendo”.

Allego la locandina dell’evento ed invito tutti a segnalare la serata.

  Incontro con Michele Zanetti - Gli animali stanno vincendo (370,2 KiB, 23 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

1

Spettacolo “Bambole per il Reich” il 29 gennaio 2011 a Portogruaro

Salve a tutti!

Segnalo che sabato 29 gennaio 2011, alle ore 21:00, presso il Teatro comunale Luigi Russolo di Portogruaro, si terrà lo spettacolo di teatrodanza per il giorno della memoria: “Bambole per il Reich, l’olocausto delle donne”.

Trattasi di un rifacimento ed ampliamento dello spettacolo “La Casa delle Bambole” che abbiamo organizzato l’anno scorso all’oratorio di Giai, e siamo particolarmente orgogliosi della riproposizione dello stesso in un ambiente più congeniale ed in un ambito più “istituzionale”.

Allego la locandina e la cartolina dell’evento, e Vi invito caldamente a partecipare numerosi!!

  Locandina Bambole per il Reich, teatro Russolo, Portogruaro, 29 gennaio 2011 (347,8 KiB, 3 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

  Cartolina spettacolo Bambole per il Reich, fronte (312,3 KiB, 2 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

  Cartolina spettacolo Bambole per il Reich, retro (239,1 KiB, 4 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

3

Mostra Andreini il 27 gennaio 2011 a Portogruaro

Ritorni ad Auschwitz, fotografie di Claude Andreini

Signore, Signori,

il 27 gennaio 2011, ore 18.00, in occasione del Giorno della memoria, sarà inaugurata la mostra personale di Claude Andreini.

La manifestazione avrà luogo nella Galleria Comunale di Portogruaro, “Ai Molini”, in centro storico.

La mostra sarà presentata da Imelde Rosa Pellegrini, Storica, e da Kristian Feigelson, sociologo, Professore all’Università La Sorbonne, di Parigi.

La mostra è articolata in due parti: nel primo mulino saranno visibili stampe classiche (da camera scura) in Bianco e Nero. Nel secondo, immagini a colore stampate su tela ed elaborate manualmente con una tecnica personale ed inedita. In tutto circa 45 foto. La stessa mostra sarà presentata negli USA al Chicago Historical Center il prossimo Primo Maggio (Giorno della memoria in America)

Inoltre sarà presentato il libro “SINTOMI – ritorni” realizzato dallo stesso fotografo, contenente sia fotografie di Auschwitz che di Terezin. Le prime appoggiate ad una presentazione di Roberto Salbitani, fotografo e scrittore; le seconde ad un testo di Kristian Feigelson, estratto dalla rivista della Sorbonne “THEOREME”. 140 pagine, circa 60 immagini.

Il presente messaggio serve di invito.

Nella speranza di vedervi numerosi, cordialmente
C. Andreini.

  Mostra Andreini, testo Salbitani (142,0 KiB, 2 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

0

Nuovo anno, nuovo sito

Buon principio a tutti.

Con il nuovo anno apriamo ufficialmente il sito web della nostra associazione, che speriamo possa essere uno spazio di condivisione ed informazione delle nostre attività, più immediato rispetto ai tradizionali redazionali cartacei.

Il sito web offre agli utenti registrati alcune funzionalità, quali:

  1. commentare gli articoli ed i redazionali;
  2. votare gli articoli ed i sondaggi;
  3. scaricare le nostre pubblicazioni e locandine;
  4. proporci articoli e/o redazionali (solo se collaboratori);
  5. accedere e scrivere sul nostro forum di discussione (*).

(*) n.b. per accedere al forum occorre registrarsi. Forum e sito sono due entità collegate, ma separate.

Agli utenti non registrati:

  1. la possibilità di registrarsi;
  2. visionare e scaricare le fotografie delle nostre serate ed iniziative e visite guidate;
  3. accedere e leggere il nostro forum di discussione.

Siamo aperti riguardo le vostre proposte e commenti, ma ci tengo a precisare che questo spazio web è regolato. In rete vigono infatti le stesse regole di qualsiasi altro luogo pubblico, in particolare di netiquette e civiltà, e pertanto ogni commento, messaggio o articolo verrà valutato, approvato e potrà essere eventualmente rimosso. Per i dettagli al riguardo vi rimando al nostro regolamento.

Ciò premesso do il benvenuto a tutti sul nostro sito, vi invito caldamente a registrarvi (se già non lo siete) e a partecipare alle nostre iniziative.

Ricordo inoltre ai nostri autori e collaboratori che dovrebbero aver già ricevuto per e-mail le proprie credenziali di accesso al sito e li invito sin d’ora ad inviarci materiali e contributi.

Per ogni altra evenienza o problematica tecnica non esitate a contattarci.

Ci tengo infine a precisare che:

  1. Questo sito web non rappresenta una testata giornalistica perchè viene aggiornato senza alcuna periodicità fissa. Non può quindi considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
  2. Le riflessioni ed argomentazioni espresse negli articoli e commenti pubblicati su questo sito web riflettono unicamente il punto di vista dei loro rispettivi autori, e non l’opinione comune dello staff del sito.

[print_link]

0

La scuola è finita

E’ ovvio che il titolo dell’articolo e la foto sono provocatori.

Ultimamente però mi sono chiesto se la scuola è finita chiedendomi così se essa adempie ancora ai suoi scopi.

NEL DIZIONARIO ON LINE ALLA VOCE SCUOLA si legge: istituzione organizzata sistematicamente a scopo di istruzione ed educazione.
Quanto quindi, oggi, la scuola riesce a istruire e a educare???

Alcuni mesi fa pubblicai un’articolo (lo trovate nelle note di questa pagina) in cui favevo riferimento a un documento che mi aveva fatto conoscere un nostro INESTIMABILE COLLABORATORE Enzo Guidotto (presidente dell’osservatorio veneto sul fenomeno mafioso): EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’.

Tale documento, da lui scritto, è tratto dalle linee di indirizzo del Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni del 23/05/2007 “nate” a seguito del Comitato Nazionale “Scuola e Legalità”.
In tali linee di indirizzo si legge: l’educazione alla legalità finalizzata alla lotta alle mafie  deve passare attraverso la necessità di far conoscere agli studenti la storia e le caratteristiche del fenomeno mafioso al fine di promuovere nei giovani il senso di responsabilità civile e democratica per spronarli ad un costante impegno sociale.
Morale si da, per iscritto, anche alla scuola il compito di “parlare di mafia” e gli si riconosce, così, il suo “potere educativo”.

Alcuni di voi sapranno quanto ritango  FONDAMENTALE parlare di mafia ai giovani specialmente al nordest.
A tal proposito anche negli incontri del 22 e 29 ottobre abbiamo più volte sollecitato le scuole, i professori e i genitori a far si che la scuola organizzi dei “percorsi di legalità magari attraverso degli incontri così da  attuare le sopra citate linee guida. Oltre a ciò avevo contattato telefonicamente alcuni professori per proporgli delle mie idee in merito.
RISULTATO? SILENZIO TOTALE se non dei NO-MI SPIACE motivati dal fatto NON ABBIAMO SOLDI (che non servono se è l’associazione a promuovere la cosa) !!!!!

Accogliendo così l’invito del prof. Guidotto ho deciso di scrivere tramite raccomandata (saranno spedite a giorni ndr) a tutti i Presidi delle scuole Superiori di PN, in copia al provveditore, invitandoli a organizzare degli incontri tra studenti e magistrati o scrittori o famigliari di vittime innocenti di mafia o presidenti di associazioni “antimafia”.

Non so se riceverò una risposta a tali richieste e ovviamente non chiedo-pretendo che questa associazione rivesta un ruolo attivo in tutto ciò anzi: CIO’ CHE CONTA E’ PARLARE BENE DI MAFIA, NON CHI LO FA!
Semplicemente tra gli obbiettivi dell’associazione c’è quello di promuovere la conoscenza e la comprensione del fenomeno mafioso soprattutto tra le giovani generazioni e, per me in particolare, sarebbe un sogno vedere gli studenti ascoltare l’eventuale relatore come ascoltai io Rita Borsellino ad Aviano circa 15 anni fa.

Siamo sempre pronti a dire che il futuro è dei giovani quasi per scaricare a loro le nostre responsabilità-mancanze. Io credo invece che siano i meno giovani a dover fornire ai figli, amici o studenti tutte quelle informazioni, esempi e strumenti che possano portare ad una cultura della legalità e la scuola, in tutto ciò, gioca un ruolo fondamentale.

Ovviamente se qualcuno di voi lettori volesse prendere esempio da me, approfondire la cosa o avere dei suggerimenti è per me un dovere e un piacere essere a vostra disposizione.
Sono sicuro che tra di voi lettori ci sono genitori con figli a scuola e magari anche qualche insegnante.  Vi chiedo quindi: E’ UTILE SECONDO TE/VOI/LEI PARLARE SERIAMENTE DI MAFIA NELLE SCUOLE? COSA HA/HAI/AVATE FATTO IN MERITO?

Vi terrò aggiornato sull’esito delle raccomandate.

[print_link]

0

La legge è uguale per tutti, compresi i preti

Il 25 giugno 2010 la polizia belga ha fatto irruzione nei locali dell’arcivescovado  di Malines, Belgio, bloccando i vescovi  presenti  e sequestrando  telefonini, documenti e agende.  Un’azione qualificata dai prelati vaticani di “peggiore di quelle  perpetrate dai comunisti”, di “triste momento” secondo il Papa, insinuando che i preti erano rimasti senza bere ne mangiare per nove ore.

La costituzione belga è molto chiara: secondo l’articolo 268 del Codice Penale, i ministri del Culto non possono attaccare qualunque atto dell’Autorità pubblica. Un articolo che, se dovesse esistere ed essere applicato in Italia, porterebbe nelle aule di Giustizia un giorno sì e un altro ancora i rappresentanti  vaticani che, da sempre non solo giudicano e criticano leggi e azioni del Governo della Repubblica, ma danno addirittura  indicazioni di voto durante la messa.

La stampa ha pertanto schernito l’intervento delle Autorità Giudiziarie belghe facendo finta di dimenticare l’emergere da anni del problema della pedofilia ad ogni livello ecclesiasti ma anche senza dare la specifica dell’argomento da trattare da parte dei vescovi durante quella riunione: i vescovi belgi si preparavano  a discutere il punto 5 dell’ordine del giorno approntato dal vescovo di Liegi Mgr. Alois Jousten, intitolato: “della necessità di trasmettere le cartelle dedicate ai preti pedofili alla Commissione Andriaenssens”.

Il giudice belga, al corrente della volontà ecclesiastica di non trasmettere  le cartelle relative a preti pedofili, e altrochè al corrente  che esistono, ha semplicemente  confermato non solo l’indipendenza reale della giustizia  nei confronti del potere politico in Belgio ma altrettanto la sua assoluta  volontà di considerare i rappresentanti del culto cattolico , di qualsiasi livello, come cittadini per niente al di sopra di ogni sospetto, in onore di un detto troppo spesso citato ma non applicato da queste parti ossia: la legge è uguale per tutti.

La libertà, fra cui quella di espressione è un bene molto prezioso che la stampa belga la difende aspramente. Aiuta il piccolo  Paese nordico  a posizionarsi al 3 posto nella graduatoria mondiale sulla libertà di espressione, quando l’Italia è confinata al 74esimo posto a mala pena prima della Corea del Nord. Pertanto, al di sopra di ogni divergenza politica o linguistica l’azione delle Istituzioni nazionali è stata sostenuta grazie ad articoli che davano il polso della reazione popolare.

Marc Metdepenningen, giornalista  francofono ma di certo di origini fiamminghe con un cognome del genere, non ha lesinato sulle parole: “il Vaticano trova verosimile la guarigione di una signora di 95 anni affetta da tumore, da parte di un suo zio, monaco libanese (ovviamente beatificato) ma giudica “inverosimili e gravi” le perquisizioni nella sede episcopale. Risponde a Bertone che qualifica l’intervento  “peggiore di quelli comunisti” chiedendo al prelato di prendere in considerazione le pratiche dei giudici dell’Inquisizione che arrostivano sui falò “streghe e altri Cathari”.  Continua meravigliandosi del disprezzo che ha lo stesso Bertone nei confronti del peccato di menzogna visto che disinforma pubblicamente quando afferma che i preti sono rimasti a digiuno (pure pratica religiosa) per tutta la durata del fermo. In effetti, la polizia ha facilmente provato che i prelati hanno ricevuto pollo, pomodori, eppure vino!

Insomma la stampa belga sorride: “La Chiesa, di nuovo, inciampa nel tappeto” e si fa seria quando scrive: “il papa, come la Chiesa belga se vogliono rimanere credibili e assumere le proprie responsabilità sui scandali pedofili interni hanno una sola scelta: aprire gli archivi, appurare ciò che fu “la legge del silenzio” richiesta da Malines e Roma e lasciare agli inquirenti parlamentari, giudiziari e storici l’onere di spiegare il passato e salvare il presente.

Una azione esemplare e la relativa reazione mediatica che, a parere mio, dovrebbero essere d’esempio in Italia. Un modello che, se applicato, darebbe la prova di una reale libertà di azione delle Istituzioni repubblicane nei confronti dello Stato vaticano e la prova che religione e Stato sono indipendenti. Insomma che se la religione di Stato è cattolica, la Chiesa cattolica non è lo Stato.

Invece, assistiamo  al solito balletto politico, dall’estrema Destra alla Sinistra integralista, delle prese di posizioni onte e succube, tradizionali nel dare un colpo  al ferro e uno alla botte. Un balletto che vede girare, a md’ di offerta, i deretani dei danzatori a caccia di voti  e le facce nauseate di chi ci osserva da oltre confine.

Claude Andreini. Belga

[print_link]

0

Cima da Conegliano: un pittore da riscoprire attraverso i suoi paesaggi e i suoi colori

La mostra: “CIMA DA CONEGLIANO: PITTORE DI PAESAGGIO” si è tenuta nella cittadina veneta a palazzo Sarcinelli dal 26 febbraio al 2 giugno 2010.
Pittore di paesaggio perché possiamo vedere, osservando i suoi dipinti, come in essi ci siano delle copie fedeli del territorio natale così come  appariva al tempo di Cima tanto che possiamo riconoscerlo e confrontarlo con quello odierno.

Questa mostra è stata molto importante perché è stata la prima su Cima nella sua città d’origine ed è stata la seconda in assoluto sul pittore, infatti l’altra è stata ospitata nel 1962 nel Palazzo dei Trecento  a Treviso.
È stata anche la prima volta che le opere esposte sono state riunite tutte insieme, perché alcune di queste facevano parte di collezioni private e altre uscivano per la prima volta dal museo dove erano conservate.

Ma chi era Cima da Conegliano? Il suo vero nome era Giovanni Battista da Conegliano, detto Cima perché i suoi genitori erano cimatori, cioè lavoravano nella preparazione dei tessuti in particolare nella finitura dei panni di lana.
Solo scarsi documenti permettono di ricostruirne la vita.
Egli è nato dunque a Conegliano e la sua casa esiste tuttora dietro il duomo.
La data di nascita (1459 o 1460) non è accertata. Si dice sia stato allievo di Giovanni Bellini, Bartolomeo Montagna o Alvise Vivarini.
Cima aveva una bottega a Venezia, abitava a palazzo Loredan, in campo San Luca; pagava un affitto caro, ma lui se lo poteva permettere perché era ricco, infatti possedeva terreni proprio a Conegliano.
Il fatto che fosse ricco gli consentiva di usare nei suoi dipinti anche materiali preziosi come ad esempio il blu oltremare, che veniva fatto con i lapislazzuli.
Cima è sempre stato molto legato al luogo dov’era nato, si dice infatti che rappresentasse Conegliano nei suoi dipinti perché ne aveva nostalgia; inoltre si sa che, pur vivendo a Venezia, tornava ogni estate a Conegliano. Infatti qui  muore nel 1516/7.
La mostra si pone l’obiettivo di ridare a Cima da Conegliano la giusta collocazione nella pittura veneziana, infatti egli è sempre stato poco considerato, forse anche per la sua vita non segnata da episodi significativi come può essere stata quella di un Giorgione, il genio morto giovane.
Spesso è stato ritenuto rustico, un artista poco capace di inventare cose nuove ma solo di copiare ciò che facevano gli altri pittori del periodo. Questo non è vero, basti pensare che se Bellini era impegnato a Palazzo Ducale e quindi era “il pittore del doge”, a Venezia in quel periodo ci si rivolgeva a Cima per commissionare le pale d’altare.
Esaminiamo ora in dettaglio com’è organizzata la mostra: le opere si trovano al piano nobile di palazzo Sarcinelli sono 38, distribuite in 7 sale; l’esposizione segue un ordine cronologico. Tutte le sale sono organizzate in modo da far risaltare l’opera principale di quel periodo. In successione troviamo il polittico di Olera, ancora legato alla tradizione tardo gotica, la pala di Vicenza, dove Cima inizia ad ambientare in esterno le sue opere, la pala di Parma, in cui è rappresentata l’incredulità di San Tommaso, il trittico di Navolè, Raffaele e Tobiolo.
Interessante era la tecnica che egli usava.
Egli dipingeva soprattutto su tavola, che approntava stendendo due strati: uno di preparazione, fatto di gesso e colla, e uno chiamato imprimitura che serviva a rendere più liscia e omogenea la superficie dove poi Cima andava a disegnare. Seguendo poi la traccia del disegno veniva steso il colore. Dato non per strati ma per velature molto sottili che facevano intravedere ciò che stava sotto. Spesso poi nell’ultima fase Cima interveniva con i polpastrelli per ottenere particolari sfumature.
Una tecnica sopraffina quindi la sua, che trova espressione non solo nelle figure ma anche nei cieli e nel paesaggio “…declinato poeticamente in valli e rocche definite dall’intensità di albe e tramonti, che saldano uomini e natura in indissolubile unità” (Giovanni C. Villa).

[print_link]

2

Acqua. Che altro?

È partita la raccolta di firme per il referendum contro la privatizzazione dell’acqua, cioè per l’abrogazione del cosiddetto “Decreto Ronchi”. Che cosa significa privatizzare l’acqua? Padre Alex Zanotelli, parlando a nome del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, ha usato questa espressione: “Avete mai pensato di privatizzare vostra madre? Privatizzando l’acqua è come se voi lo faceste”. La madre ci dà la vita, quindi è come se privatizzassimo la nostra vita, che, quindi, non ci appartiene più ma appartiene a coloro che hanno il potere di aprire o chiudere il rubinetto. Sillogismo ardito? Vediamo.

Per la legge italiana l’acqua è un bene pubblico (Legge 36/1994, c.d. “Legge Galli”). Enunciato questo principio fondamentale, la legge declina una serie di norme mirate alla razionalizzazione di ciò che viene chiamato servizio idrico integrato, ovvero la gestione, secondo criteri di economicità efficienza ed efficacia, degli impianti, delle reti e delle strutture che consentono da un lato l’approvvigionamento e la distribuzione dell’acqua, dall’altro il suo smaltimento e depurazione. L’Ente pubblico preposto alla gestione del servizio viene chiamato A.T.O. (Ambito Territoriale Ottimale). Sino ad oggi gli A.T.O. hanno assorbito le competenze dei consorzi acquedottistici di interesse locale con l’obiettivo di accorparli e di assumere una competenza territoriale coincidente con quella della provincia di appartenenza.

Quindi, subdolamente, la legge del 1994 salva in maniera farisaica il principio di acqua come bene pubblico ma sposta radicalmente gli obiettivi sulla gestione del servizio idrico che è un servizio pubblico e come tale va affidato sulla base delle normative europee in materia di appalti pubblici di servizi. Dal 1994 ad oggi il settore è stato oggetto di una miriade di provvedimenti da parte della CE e da parte dei Governi italiani che si sono nel frattempo succeduti con il risultato di legittimare un principio che appare inaccettabile: con l’acqua si fanno profitti. I famigerati “combinati disposti” dei vari provvedimenti legislativi, ultimo il c.d. Decreto Ronchi, prevedono infatti l’affidamento del servizio idrico integrato con gara d’appalto di rilevanza europea a soggetti privati e la possibilità, da parte dei privati aggiudicatari del servizio, di intervenire sulle tariffe aumentandole per conseguire profitti. Assurdo: io Stato ti legittimo ad aumentare il prezzo dell’acqua a tuo piacimento perché tu possa fare profitti!

Fare profitti significa disporre di una quantità di denaro (molto) che deriva dalla differenza fra i ricavi e le spese. I ricavi sono dati dai soldi che ogni utente versa pagando la bolletta, le spese sono le spese di gestione degli impianti, del personale, dell’energia elettrica, del consiglio di amministrazione, dei vari presidenti, segretari, ecc. e degli investimenti. Come si fanno i profitti? Aumentando le bollette e non facendo investimenti (monsieur de Lapalisse ringrazia infinitamente). Perché, in nome del mercato, del liberismo, della libera impresa e di tutte le menzogne che ci stanno raccontando da almeno trent’anni, non si possono certo obbligare i poveracci che fanno profitti con le nostre bollette a reinvestirli nel miglioramento delle reti. Le quali reti, secondo l’ultimo rapporto del Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche, sono un vero e proprio colabrodo. Lo stato di usura è tale da provocare la perdita media del 34% dell’acqua immessa nelle tubature ed il 30% della popolazione italiana è sottoposto ad approvvigionamento idrico discontinuo ed insufficiente. Vi sono, anche nel nostro territorio, centinaia di chilometri di reti costituite da tubazioni in acciaio ormai bucate dal fenomeno delle cosiddette micro pile geologiche o costituite da eternit.