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“Venezia e il suo porto”, conferenza di Sergio Barizza

Salve a tutti,

il prossimo appuntamento in programma è una piacevole novità: la conferenza su “Venezia e il suo porto. La parabola dell’otto e novecento: dal commercio all’industria” curata e presentata dal dott. Sergio Barizza.

ve-progetto-bottenighi_1911_newLa secolare storia di Venezia, basata sulla ricchezza proveniente dai commerci, con le navi che attraccavano in bacino San Marco ma anche lungo le rive del Canal Grande per scaricare le merci nei fondaci o nei magazzini al piano terreno dei palazzi patrizi, subisce una svolta nel 1846 con la costruzione del ponte ferroviario e della stazione a Santa Lucia.
Ben presto lo scambio di merci aumenta notevolmente costringendo gli amministratori a pensare alla realizzazione di una zona portuale.
Ciò si avvera dopo il passaggio di Venezia sotto il regno d’Italia (1866) privilegiando la zona della “sacca di Santa Marta” perché adiacente alla stazione: qui verrà creato un bacino artificiale per l’interscambio merci nave-treno che i veneziani ancora oggi conoscono  come (stazione) Marittima.
L’insediamento delle prime industrie (accanto al porto e sull’isola della Giudecca) incrementa a dismisura il movimento delle merci tanto che alla fine dell’ottocento si comincia a pensare a un nuovo porto.
Fra le tante ipotesi ventilate viene infine scelto (1907) di ‘sbarcare in terraferma’ costruendo nuove banchine nella frazione di Bottenigo (poi Marghera) del comune di Mestre.
Il progetto viene fatto proprio da un gruppo di capitalisti veneziani, guidati da Giuseppe Volpi, che propone di attrezzare accanto alle banchine portuali delle aree per favorire insediamenti industriali e costruire accanto un quartiere operaio. Il progetto si inserisce nell’ipotesi della costruzione di una ‘grande Venezia’ che doveva comprendere il centro storico (arte e turismo), il Lido (spiaggia e gioco) e la terraferma con Marghera (lavoro) e Mestre (residenza popolare).
Nel 1917 il governo vara l’operazione stilando una Convenzione con la Società Porto Industriale presieduta da Giuseppe Volpi.
All’inizio del 1919 iniziano i lavori di bonifica per la sistemazione delle aree che verranno via via occupate da stabilimenti appartenenti ai più grandi gruppi industriali. Nel 1921 comincia la costruzione del quartiere residenziale conosciuto come ‘città giardino’. Dopo la seconda guerra mondiale la zona portuale/industriale verrà estesa fino a Fusina, ospitando per lo più la produzione di prodotti  chimici.

Sergio Barizza (Mestre, 1941) – laurea in filosofia, diploma presso la scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di Stato di Venezia – è stato, dal 1981 al 2004, il responsabile degli Archivi Storici del Comune di Venezia.
Numerosi sono i suoi saggi e pubblicazioni sulla storia della terraferma veneziana.
Si devono in particolare ricordare la Storia di Mestre (prima edizione nel 1994, seconda nel 2003) e, in collaborazione con Daniele Resini, Porto Marghera, il novecento industriale a Venezia (2004).

Lo ospiteremo venerdì 4 aprile 2014 alle ore 20.45, presso la Villa Ronzani di Giai di Gruaro.

Allego la locandina dell’evento e vi invito come sempre a segnalare la serata.

Vi aspettiamo.

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Visita guidata alla mostra “Matisse, la figura” e Palazzo Schifanoia, Ferrara

Come pubblicato sulla nostra pagina facebook, segnalo a tutti i potenziali interessati che stiamo organizzando per domenica 6 aprile 2014 una visita guidata alla mostra “Matisse, la figura. La forza della linea, l’emozione del colore″ al Palazzo dei Diamanti ed una successiva visita guidata al Palazzo Schifanoia di Ferrara.

Dal sito della mostra:

Joaquina, 1911
Olio su tela, cm 55 x 38,5 Praga, Narodni Galerie

“Quel che più mi interessa non è né la natura morta, né il paesaggio, ma la figura.
La figura mi permette ben più degli altri temi di esprimere il sentimento, diciamo religioso, che ho della vita.
Henri Matisse, 1908

Il genio di Matisse ha cambiato il corso dell’arte del Novecento, imprimendo la sua visione nuova ad ogni genere artistico. Nessuno di questi, però, l’ha affascinato quanto la rappresentazione della figura, soprattutto femminile, al punto da impegnarlo per l’intero arco della sua carriera in una ricerca incessante attraverso tutte le tecniche. A questo tema fondamentale è ispirata la mostra che Palazzo dei Diamanti dedica ad un gigante della storia dell’arte moderna.
Oltre cento dipinti, sculture e opere su carta racconteranno l’avventura creativa grazie alla quale Matisse ha dato forma tangibile all’emozione risvegliata dai suoi modelli e al piacere stesso di ritrarli. Un’esplosione di gioiosa vitalità accende le icone giovanili, raggianti di colori puri, e fa danzare l’arabesco dei corpi nei capolavori della prima maturità. Lo stesso slancio percorre le opere dell’ultima fase, dove gli oggetti e l’ambiente sembrano risuonare dell’energia emanata dalla figura.

Il prezzo è contenuto (comprende autobus e visite guidate, partenza ore 8:00 da Piazza San Giusto a Gruaro; pranzo autonomo), quindi se siete interessati PRENOTATE !!

Per ulteriori informazioni o per aderire, potete commentare di seguito, contattarci, inviare un’e-mail a joyofliving[at]libero.itmavi2219[at]libero.it, telefonare al  347 8832885 (Gioia) o al 368 3599006 (Luisella).

Il sito della mostra:

http://www.palazzodiamanti.it/

Il sito web di Palazzo Schifanoia:

http://www.artecultura.fe.it/72/storia-di-palazzo-schifanoia

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Cena sociale de La Ruota, venerdì 28 marzo 2014

Cari soci e simpatizzanti,

vi informiamo che venerdì 28 marzo 2014 alle ore 20:00 si terrà l’annuale cena sociale della nostra associazione.

Quest’anno ci incontreremo presso il ristorante “Filippi” di Belfiore di Pramaggiore.

menu:

aperitivo di benvenuto della casa con frivolezze varie

tagliere di affettati misti e stuzzichini del cuoco

risotto con salsiccia e radicchio e panzerotti con ricotta e spinaci con crema di formaggi e noci

sgroppino

tagliata di manzo con rucola e scaglie di grana

patate deliziose al forno

insalata mista

dolce della casa (misti)

caffè

digestivo

acqua e vino

prezzo € 28,00

Coloro che volessero partecipare, possono dare la propria adesione contattandoci o telefonando al xxx xxxxxxx (Gioia) o al yyy yyyyyyy (Nevia).

Vi aspettiamo numerosi!

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A Boldara di Gruaro

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il comunicato dell’associazione “Un parco per Boldara”

Nei pressi del mulino dismesso sulla riva sinistra del fiume Lemene in località Boldara di Gruaro (VE), sopravvivono, successivamente ad un opera di restauro decennale ed ancora in corso, lembi delle originarie flora e fauna tipiche degli ambienti umidi della pianura padana.
L’area ricade in un Sito di Importanza Comunitaria e Zona di Protezione Speciale tutelati dall’Unione Europea comprendenti i fiumi Reghena e Lemene e le cave di Cinto Caomaggiore ed ospita inoltre prati umidi, vegetazione fluviale e lembi di quel bosco di pianura che ricoprivano l’intera Pianura prima dell’opera di disboscamento e bonifica delle paludi a fini agricoli intrapresa a cominciare dal I secolo a.C.

Il ripristino ambientale dell’area allora adibita a discarica abusiva fu iniziato su base volontaria nel 1989 da Claude Andreini, anche grazie alla consulenza dell’architetto paesaggista Paolo De Rocco, del Corpo Forestale dello Stato e all’avvicendarsi nel tempo di diversi volontari, riportando nel sito essenze erbacee, arbustive ed arboree indigene, alcune delle quali attualmente considerate rare e/o minacciate a livello nazionale o continentale.
Specie che tipicamente trovano nei suoli umidi e ricchi di humus della bassa pianura il loro habitat ideale e che un tempo costituivano parte integrante di siepi e boschetti del paesaggio agrario padano tradizionale, ma che a causa della quasi totale distruzione della vegetazione originaria cui è andata incontro la Pianura, ad oggi è possibile ritrovare solo in poche decine di formazioni boschive sparse dal Friuli al Piemonte.

Tale opera di restauro dell’habitat originario ha portato il sito di Boldara ad essere incluso dapprima nell’Oasi di Protezione “Boldara di Portovecchio”, poi nel Parco Regionale dei fiumi Reghena, Lemene e Laghi di Cinto ed infine nell’Area Protetta Comunitaria sopra citata.
Le acque di risorgiva, assieme al regime di protezione accordato dalla normativa, permettono così la persistenza delle specie vegetali di pregio reintrodotte negli anni, quali ontano nero, frassino ossifillo, orniello, acero campestre, farnia, salice cinerino, tiglio selvatico, carpino bianco, sorbo, corniolo, carici e giunchi. Tale vegetazione garantisce riparo, risorse alimentari e habitat per la riproduzione di diverse specie di Uccelli acquatici migratori come la garzetta, l’albanella reale e l’airone rosso, e nidificanti come il tarabusino, la nitticora e l’avèrla piccola, Anfibi come l’ululone dal ventre giallo, il tritone crestato e la rana di Lataste, Rettili come la testuggine palustre e Pesci come la trota fario, il barbo italico o la lasca, protette a livello nazionale ed europeo.
Il sito è liberamente ed agevolmente fruibile a chiunque voglia godere della bellezza della natura circostante grazie a due differenti percorsi, uno a sud ed uno a nord del mulino, attrezzati con panchine, tabelle esplicative delle specie autoctone, pattumiere e passerelle in prossimità dei canali.

Dal 1995 esiste inoltre l’Associazione “Un Parco per Boldara”, volta alla promozione della conoscenza di quanto fatto per riportare nel sito condizioni di semi-naturalità e degli eventi che periodicamente in esso si svolgono, quali mostre e festival internazionali di pittura e fotografia (rassegna ArtInBosco), cineforum e le numerose visite didattiche rivolte alle scuole.
In mancanza di altre forme di presidio, l’opera di manutenzione, cura e pulizia di questa porzione dell’Area Protetta è portata avanti, oltre che da Andreini stesso, da pochi volontari, fra i quali c’è chi scrive.
Tuttavia, lo sforzo di poche persone consente con difficoltà di effettuare tutti gli interventi che risultano necessari alla fruizione e conservazione dell’area;  la manutenzione ordinaria consiste prevalentemente nell’eradicazione di specie infestanti (rovi, acacie), in nuove piantumazioni, potature, pulizie della roggia da ramaglie e rifiuti, tagli di piante morte in piedi.

Chiunque volesse a vario titolo contribuire secondo le sue personali inclinazioni, possibilità, conoscenze e disponibilità a questa attività di conservazione e presidio del territorio, è benvenuto in qualunque momento.
Infine, si invita il lettore a visitare l’Oasi, magari apprezzando e godendo della natura che in quel territorio presenta un esempio di ambiente autoctono di rara bellezza, dove il Lemene crea un’ ampia ansa adiacente al rudere del mulino che il turista curioso può apprezzare percorrendo la passeggiata verso il suo margine meridionale.

Per informazioni: 377 2746034
Facebook: Associazione Un Parco Per Boldara

Davide Roviani, Claude Andreini, Damiano Nonis, Alessio Padovese, Nicola Nonis, Emanuele Bellotto, Erika Gasparotto

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Lettura scenica “Il mio nome è Eva”

Salve a tutte e a tutti,

siamo lieti di invitarvi allo spettacolo: “Il mio nome è Eva” che si terrà, con il patrocinio del Comune di Gruaro e il sostegno della Banca San Biagio del Veneto Orientalesabato 15 febbraio 2014 alle ore 20:45, presso la Sala consiliare del Comune di Gruaro.

15-02-2014_il-mio-nome-è-eva_small“Il mio nome è Eva” è una lettura scenica, a più voci, che vuole presentare storie e testimonianze di donne, bersaglio o vittime di violenza, quasi a voler “restituire loro la parola”. Il raccontarsi delle donne si intreccia poi al linguaggio della poesia in cui traspare il riconoscimento del valore femminile, che racchiude in sé un rimando positivo dell’essere donna. È forte nel testo l’invito a riflettere ed a porsi domande su ciò che nella cultura può giustificare o legittimare l’uso della violenza nelle relazioni uomo-donna, un problema complesso che va oltre la rappresentazione mediatica del ”raptus di follia o gesto estremo di un uomo geloso e possessivo”.

E la donna?

È la vittima e quindi, nell’immaginario collettivo, è un essere passivo, debole, isolato, incapace di reagire, privo di risorse… persino della sua individualità.

Pertanto, essa finisce per nascondersi, sola, dentro la sua sofferenza e solitudine.

Il percorso di ricerca di aiuto di una donna che ha subito violenza può essere lungo e difficile. È per prima lei che deve ammettere che c’è un problema e decidere di fare qualcosa, rinunciando all’idea di potercela fare da sola. È lei che deve rompere il silenzio.

È quindi fondamentale metterla al centro, attivando reti di soggetti istituzionali e non, per sostenerla. Le esperienze già ci sono in tal senso. Da un paio d’anni è operativo a Portogruaro un gruppo di lavoro, formato dai Servizi Sociali, Consultorio Familiare, Forze dell’Ordine, Camera degli Avvocati e Centro di Ascolto, impegnati nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere per tutte le donne del territorio.

Il lavoro di rete e la prevenzione nelle scuole sono gli assi portanti di questa esperienza.

Vi attendiamo numerosi!

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Riflessioni sul “Giorno della memoria”

Quest’anno “La Ruota”, dopo nove anni, non celebrerà con una sua iniziativa, la “Giornata della Memoria” e non per un improvviso attacco di negazionismo, ma perché sente forte il bisogno di una pausa di riflessione alla ricerca di forme nuove e significative di comunicazione sul tema della Shoah. Il nostro timore infatti è quello di cadere nel cliché del rito che si ripete, anno dopo anno, sempre uguale a se stesso. “Oggi  Auschwitz è un simbolo, una metafora del male assoluto. E come tutte le metafore rischia di perdere la sua fisicità, diventa una figura stilizzata, estetizzante, oggetto di opere d’arte e pellegrinaggi” (WLODEK GOLDKORN – l’Espresso n. 4, 31 gennaio 2013, pag. 74-76).

Nel tentativo di sfuggire a questo pericolo, noi della Ruota, negli ultimi due anni, abbiamo cercato di contestualizzare la celebrazione, raccontando storie di internati locali; ma sentiamo che questo non basta, rimane il problema di cosa raccontare e come raccontare l’indicibile ai più giovani soprattutto, non perché manchino le testimonianze dirette o indirette, ma perché c’è la responsabilità di scegliere per essere efficaci e non retorici, per far riflettere e non solo commuovere e perché si capisce, grazie a Primo Levi, che il vero racconto su Auschwitz è impossibile perché l’avrebbero potuto fare solo coloro che non ci sono più: “i sommersi”.

“Ma il tempo passa -dice Goldkorn- …ed elaborare le parole dei testimoni scomparsi e in via di estinzione, significa guardare al futuro e non al passato. L’unico possibile insegnamento che si possa trarre da una vicenda indicibile, inenarrabile, inimmaginabile è questo. Ognuno è responsabile per ogni suo gesto. Si deve scegliere. La memoria significa azione.” E ancora Goldkorn, esplicita ulteriormente il suo pensiero e si chiede che differenza ci sia tra gli stupri di Bosnia e quelli perpetrati dagli ucraini sulle ragazze in Polonia. E come si sia potuto non intervenire con tutti i mezzi in Ruanda. O come si possano non trovare analogie tra la vicenda dei desaparecidos e la Shoah. “Non tradire la memoria di Auschwitz è in fondo semplice. Basta stare con i fatti, non con le parole, dalla parte degli oppressi, delle vittime, di coloro che hanno sete di giustizia” in tal modo la memoria si rivitalizza, si attualizza e rende possibile la speranza.

Ed è da questo invito ad andare avanti, includendo in questo percorso la memoria, che noi vorremmo ripartire.

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Convocazione assemblea soci – 24 gennaio 2014

Caro socio e/o simpatizzante,

come di consueto iniziamo l’anno con la convocazione dell’assemblea dei soci della nostra associazione, che quest’anno si terrà venerdì 24 gennaio p.v., alle ore 20.45, presso la Sala delle Associazioni, in Borgo Medievale a Gruaro, per discutere il seguente ordine del giorno:

  • lettura bilancio 2013 (entrate/uscite/flusso di cassa);
  • breve excursus sulle attività svolte nell’anno 2013;
  • proposte di attività e presentazione delle iniziative p.v.;
  • tesseramento 2014;
  • varie ed eventuali.

Contiamo sulla tua presenza!

La presidente
Gioia Artico

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Progetto “Libertà di parola” di Pino Roveredo

Siamo lieti di collaborare nuovamente con lo scrittore Pino Roveredo, per il suo progetto “Libertà di parola”, che sarà da noi presentato mercoledì 15 gennaio 2014, alle ore 8:30, presso la scuola secondaria di 1° grado “Marco Polo” di Pramaggiore.

Di seguito la presentazione del progetto, a cura dell’autore.

PREMESSA

“La nostra è una generazione morta”. È una frase lasciata su un post-it da uno studente (o studentessa… chissà?) di una Scuola Superiore. Una sentenza senza appello, che con stupore ho sentito sulle bocche di molti suoi coetanei, di altri Istituti, di altre località. Una sentenza che mi ha fatto crescere l’urgenza di doverla raccontare, quest’assenza di speranza, ambizione, e proprio attraverso le parole di chi invece ha ancora tutto da vivere, lavorare, creare. Ho provato ad affrontare la scuola con la discrezione di chi si annuncia bussando sempre due volte, e mai col prestigio imposto della spiegazione ma sempre con l’umiltà del racconto. Ma anche con la non presunzione di portarsi dietro l’imposizione di una ragione, ma che con il desiderio dell’ascolto, prova a saltare oltre a quei concetti e preconcetti che spesso danno forma alla staticità (o comodità) di un pensiero comune, quello che vede girare i ragazzi nella superficialità e banalità di chi non ha nessun interesse verso quelle tematiche sociali che attraversano la nostra quotidianità, e che li dovrebbe vedere assolutamente parteci sul palco della vita.

Ora, io credo di conoscere discretamente bene quel mondo e i suoi protagonisti, avendo negli ultimi anni, da Aosta a Mazara del Vallo, fatto più di cinquecento incontri in Istituti Scolastici (sia scuole superiori che scuole medie) e in Centri di Aggregazione Giovanile. Incontri che mi hanno permesso di incrociare, incontrare e conoscere parecchi aspetti della nuova generazione, e a memoria non rammento un episodio o un passaggio vissuto con la leggerezza della futilità: tutti sono stati importanti e tutti sono entrati nel piacere della curiosità. In quegli incontri ho raccolto testimonianze, posizioni, confessioni, rabbie, delusioni, euforie, pensieri, parole, e talvolta… anche lo specchio muto del silenzio. Ecco, pensando a quei silenzi mi è sempre venuto spontaneo pensare a quello che don Luigi Ciotti (fondatore del Gruppo “Abele”) diceva una quindicina di anni fa, quando all’interno di un convegno sottolineò:

– I nostri ragazzi e il mondo della scuola è profondamente cambiato. Ieri ci si preoccupava per i ragazzi agitati e si lodava anche con un “10” in condotta quelli che non facevano “casino”, rumore. Oggi invece, i ragazzi “vivi” sono una risorsa, mentre quelli che girano nell’apparente quiete del silenzio devono accendere una preoccupazione, perché spesso hanno delle rivoluzioni in corpo che non riescono a far esplodere! – Probabilmente è da quella volta che i ragazzi “buoni”, quelli che non rompono le scatole e non disturbano col disturbo e la parola, sono diventati un motivo di profondo interesse, e spesso, quando siamo riusciti (anche a fatica) ad accendere un dialogo, quasi sempre sono usciti storie di tormenti, problemi di anaffettività e svariati accenni che toccavano il male di vivere.

Pino Roveredo

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Auguri!

Stella di NataleUn foglio
Questo foglio. Battuto per tre quarti
dalla luce. Nella sua luce cresca
l’incerto zampettio delle parole.
Pierluigi Cappello, da “La misura dell’erba (1993-1998) / Il settimo cielo”

Gli auguri sono parole, la poesia è emozione. A tutti i soci e amici de “La Ruota” auguriamo un 2014 di felici e gratificanti emozioni.

I nostri prossimi appuntamenti:
venerdì 24 gennaio 2014, ore 20.45: assemblea annuale dell’associazione presso la Sala delle Associazioni in Borgo del Castello Medievale a Gruaro.
sabato 15 febbraio 2014, ore 20.45:   lettura scenica “Il mio nome è Eva”, presso la Sala consiliare del Comune di Gruaro, a cura di Mariella Collovini.

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“La vita di Adele – Capitoli 1 & 2” di Abdellatif Kechiche

Lo scrivo da subito: “La vita di Adele – Capitoli 1 & 2” di Abdellatif Kechiche (liberamente ispirato al romanzo a fumetti “Il blu è un colore caldo” di Julie Maroh) è un film distantissimo dai miei gusti, interessi o idee, ma è un grande film, ed una meritatissima Palma d’Oro al Festival del Cinema di Cannes 2013.

E non lo è tanto per l’ambientazione o la critica alle classi intellettuali e privilegiate di Lille, quanto per l’incredibile capacità che il regista dimostra ancora una volta (vedi L’esquive o La graine et le mulet) nel dirigere i propri interpreti, nello specifico le splendide Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos, che qui gli si concedono totalmente e letteralmente. Questo rapporto di empatia “discendente” (nel senso più etimologico del termine) tra l’autore e le protagoniste, in cui la fortissima personalità del primo va dispiegandosi e confondendosi nelle attrici, produce forse la miglior applicazione del “metodo Stanislavskij” che si sia vista al cinema negli ultimi anni. Vista la profondità e qualità delle loro interpretazioni, mi domando quanto abbiano impiegato le due giovani donne ad “uscire” dai rispettivi personaggi e dalla propria relazione, ma una cosa è certa: se l’egocentrico Kechiche è riuscito a spingerle ad un tale livello di complicità e fiducia, deve essere un fine conoscitore delle dinamiche psicologiche femminili (oppure un sadico despota come accusa la Seydoux…). Proprio in questo risiedono i recenti e tristi dissapori che hanno accompagnato l’uscita internazionale del film.

Venendo all’opera, la storia di Adele cattura non tanto per quel che le accade (banalmente: un amore), quanto per quel che cerca e le viene offerto. E cosa cerca Adele? Cosa le manca? E soprattutto, cosa trova?

Kechiche è molto attento nel definirla: Adele è una liceale immatura ed imperfetta, affine alle proprie coetanee, piena delle contraddizioni, pulsioni e pregiudizi dell’età e del genere; ha un fantastico rapporto con il cibo (quasi feticistiche le continue riprese della sua bocca) e con il proprio corpo ed è in pace con la propria famiglia e la propria classe sociale (lavoratori un po’ petit bourgeois).

Insomma è una di quelle ragazze semplici, perfettamente inserite nella “medietà” scolastica, e sociale, e politica, che non brillano certo per passione o impeto o stimolo intellettuale (però “ti ho inserito nel gruppo delle più carine della classe” le riferisce candidamente una compagna di classe).

Il suo sogno è di fare la maestra, perché “la scuola mi ha dato tanto” e perché ama i bambini.

Poi accade l’irreparabile: la visione, fugace e casuale, di una donna dai capelli blu (“La vie d’Adèle – chapitres 1 et 2 – Le bleu est une couleur chaude” è il titolo originale e completo del film) mette profondamente in discussione le sue certezze ed identità. (1)

A partire da tale visione, e dal successivo incontro con la pittrice Emma, più volte evitato ma pervicacemente cercato, Adele entra in un mondo che non aveva mai conosciuto: dove si discetta di esistenzialismo in Jean-Paul Sartre, delle opere “floreali” di Gustav Klimt o delle pose deformi di Egon Schiele, dove si citano i classici della letteratura e dove è inconcepibile che un talento artistico possa rimanere sprecato. A questo mondo ella si abbandona gioiosamente e placidamente, scoprendo la tenerezza e la delicatezza di un amore puro, e quella passione erotica inebriante e totalizzante che tanto aveva desiderato e sperimentato, con deludenti risultati, in precedenza.

È proprio nelle splendide (anche se molto “montate”) scene di sesso tra Adele ed Emma che il film raggiunge il suo picco sentimentale e narrativo: nelle imperfezioni, nell’ossessiva ricerca e nel naturale intrecciarsi dei loro corpi vi è un che di liberatorio, di pacificatorio e di spirituale; nei loro continui orgasmi una citazione del mito di Tiresia (2), la pura e semplice concretizzazione del desiderio, così distanti dal sesso conturbante e disturbante di un Lars von Trier, ad esempio.

Sarà sempre il sesso, più che le affinità, ad unirle, e via via che la relazione matura e le differenze di classe si acuiscono, passando per esperienze ed incontri non alla portata di Adele, o che per inadeguatezza rifugge, il loro amore diventerà una sorta di àncora a cui aggrapparsi e dedicarsi totalmente.

Quindi Kechiche prima suggerisce, poi evidenzia ed infine declina tutte le difficoltà insite in una relazione non paritaria, mostrando non tanto una banale crisi di amore, quanto una vera e propria apocalisse (anche qui, nel senso più etimologico del termine) sentimentale della propria eroina. Emma esce di scena, per divenire la presenza fantasmagorica di Adele.

L’ultima parte del film non la svelo, essa ricopre un periodo di circa 3 anni, nei quali da ragazza imperfetta Adele si trasforma in donna imperfetta, mantenendo intatto il proprio fascino. Talora un’imperfezione d’animo può contaminare l’intero carattere e nella nuova Adele le stigmate del passato ostacolano la sua realizzazione, che risente dell’incompiutezza di un percorso, quantomeno potenziale, che le era stato offerto.

In tale senso la vicenda si dipana nell’esatto opposto del bildungsroman (3) classico, perché l’autore franco-tunisino non fa sconti alla propria eroina, ma ad Adele ed Emma riserverà ancora una volta uno sguardo delicato con la scena più appassionata e sublime dell’intero film, che ovviamente non posso raccontare.

Infine qualche piccola annotazione tecnica: ottima scelta l’utilizzo della camera a mano e la prossimità ai soggetti, con l’insistenza di primi e primissimi piani (4). Già citate le ossessive inquadrature della bocca di Adele e del cibo in generale (povere ostriche!), altrettanto significative sono le ripetizioni di medesime pose in ambienti e situazioni differenti, a delineare lo scorrere del tempo. Le riprese a scuola e la bellezza degli studenti richiamano invece alla memoria le fantastiche sequenze del già citato L’esquive. In un certo senso si può dire che la scrittura visiva di Kechiche sia più che intima, al limite dell’impudico, quasi pornografica.

La fotografia del fidato Sofian El Fani è molto curata, talora concede qualcosa al formalismo (penso alle scene del parco), ma i corpi e gli amplessi hanno pochi filtri, con tanto di “difetti” e umori e sudori. Ottimo il montaggio: a quanto pare la versione uscita è stata molto rimaneggiata rispetto all’anteprima di Cannes, e si nota l’attenzione riservata al ritmo della pellicola, la cui durata di tre ore non ostacola l’attenzione.

Miglior film del 2013, senza alcun dubbio.

Note:

(1) in questo sono precursori gli iniziali rimandi letterari al libro preferito di Adele: “La vie di Marianne” di Pierre de Marivaux o le passioni sessuali espresse nelle liriche di Francis Ponge, che però la Nostra -distratta- non coglie.

(2) disse Tiresia a Zeus: “il piacere sessuale si compone di dieci parti: l’uomo ne prova solo una e la donna nove”.

(3) romanzo di formazione, ndr.

(4) la pellicola è praticamente priva di campi medi o lunghi: i Maestri Jean-Pierre e Luc Dardenne hanno fatto scuola, e Kechiche ne interpreta peculiarmente la lezione.