Letteratura Archivi

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“Lo scuro oggetto del desiderio”

Una serata “cioccolatosa” in dolce compagnia, allietata da “divagazioni e dolcezze d’autore”, selezionate da M. Collovini e lette con grazia e perizia dal Gruppo Teatro “La Bottega”.

L’appuntamento è per  venerdì 24 febbraio 2012 alle ore 20:45, presso il Bar Trattoria Centrale di Gruaro.

Allego la locandina dell’evento.

  'Lo scuro oggetto del desiderio' (267,6 KiB, 27 download)
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Presentazione del libro “Fuori dal tempio” di Pierluigi Di Piazza

Giovedì 9 giugno 2011 alle ore 20.45 siamo orgogliosi di presentare il libro: “Fuori dal tempio. La Chiesa al servizio dell’umanità” ed ospitarne l’autore Pierluigi Di Piazza, del Centro di accoglienza per stranieri e di promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano (Udine).

Dalla presentazione tenuta al Centro Balducci:

“Mi sento laico, umile credente sempre in ricerca, prete per un servizio disponibile, disinteressato, gratuito nella comunità cristiana e nella società; anticlericale, cioè non appartenente ad una categoria; non funzionario della religione. Si può così intuire quale sia a livello di comunicazione l’effetto del cercare giustizia, verità, uguaglianza, pace, condivisione”. Parla don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza per stranieri Ernesto Balducci di Zugliano, e racconta la sua storia di uomo e di prete, di insegnante e di animatore culturale, alle prese con i temi più discussi nelle comunità cristiana: le delicate posizioni dei separati e divorziati nella Chiesa, l’aborto, l’omosessualità, il celibato dei preti, il sacerdozio delle donne, la pedofilia, la malattia e il fine vita.

Pierluigi Di Piazza, prete parroco, laureato in Teologia, ha ricevuto nel 2006 la laurea ad honorem dell’Università degli Studi di Udine quale “imprenditore di solidarietà”. Insegnante per 30 anni, nel 1988 ha fondato il Centro di accoglienza per stranieri e di promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano (Udine) di cui è responsabile. Collabora con giornali e riviste. Tra le sue pubblicazioni, “Nel cuore dell’umanità, storia di un percorso” (2006) e “Questo straordinario Gesù di Nazaret” (2010).

L’incontro si terrà  presso la Villa Ronzani di Giai di Gruaro e sarà possibile acquistare il volume.

Allego la locandina dell’evento ed invito come sempre tutti a segnalare la serata.

  Fuori dal tempio: la Chiesa al servizio dell'umanità, di Pierluigi Di Piazza (448,2 KiB, 13 download)
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A proposito de “La versione di Barney” di Mordecai Richler

Chi non ama l’umorismo ebraico non deve leggere questo libro!
E nemmeno chi si stanca o si perde nelle divagazioni narrative, nei salti dei piani temporali o spaziali, nelle funambolerie apparentemente illogiche dei livelli storici.
Ma neanche coloro che non accettano uno stile espressivo spesso volgare, offensivo, irriverente e sempre, assolutamente, totalmente politicamente scorretto!
Ecco, per tutti costoro – sono avvisati – La versione di Barney è lettura decisamente vietata!
A tutti gli altri il libro è permesso, anzi vivamente consigliato.

Barney Panofsky, alcolizzato produttore televisivo franco-canadese, ebreo, ormai quasi in bolletta, è un personaggio che prende il lettore a sberle in faccia (sberle yiddish, naturalmente) e lo fa attraverso il racconto della sua mirabolante picaresca esistenza, alternando flashback a momenti di contemporaneità vissuta ( vedi la descrizione dei disturbi alla prostata che funziona male quanto la sua memoria) profondamenti amari.
La sua è una specie di arringa difensiva, presentata sotto forma di confusa, spesso sconclusionata, sempre sarcastica biografia, per difendersi da un’accusa di omicidio – da cui per altro è già stato assolto per mancanza di prove – rivoltagli da un suo vecchio conoscente.
Nel racconto, tutto si mescola, si avvita, esplode tra i membri dell’intelligentia parigina, in mezzo ai quali gli è capitato di vivere negli anni del dopoguerra, su cui l’occhio e soprattutto l’affilata e bisbetica lingua di Panofsky si lanciano con dissacrante cinismo, svelando i fariseismi sia di una certa borghesia intellettuale sia dei sostenitori americani ed europei dello stato di Israele.
E tra tutti questi apparenti sproloqui, accuse, insulti, autogiustificazioni e invettive, scorrono anche le storie d’amore, anzi l’unica vera storia d’amore della vita di Barney: quella con Myriam, la terza moglie da cui ha avuto tre figli ed è divorziato, l’unica donna per lui degna di questo nome, nonostante i continui, sarcastici e impudenti distinguo.

C’è da aggiungere altro?
L’umorismo anarchico, sfrontato, irriverente, yiddish di M.Richler non potrà non affascinare un lettore acuto e spiritoso, che alla fine del libro scoprirà, perfino, di amarlo.

E’ augurabile che il film, tratto dal romanzo, riesca nello stesso intento.

links:

anobii

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Un poeta: Giancarlo Pauletto

(Portogruaro, 1941)

Batti quietamente
sillabe nel giorno
mite al suo tramonto
e forse lieto della tua impotenza
agiti parole
(ma grida la sua fame
la primigenia cellula
che ingloba e sputa, ingloba e sputa
atrocemente).

Questa luce che si sgrana da altra
luce, riverbera negli occhi una bellezza
che la mente contraddice,
la mente che recide le parole
e in serti le compone
(eppure
è fragile la mente, cede al vino
e al sonno, è una grazia
intermittente, che da sé
muore e risorge).

Si rompono talvolta le parole
come vetri, non la loro
musica ci manca, sì una stella
che le guidi.

Di questo sempre sono in traccia
esse, le sonanti: di una fede
provvisoria che mai stanca
al nulla le contesti.

A cosa si oppone la nostra
parola, veccia, voce di canna:
alle grida di guerra?
alla tortura?
alla morte che latra?

È una dura impotenza, un cruore.

Ma parla, parliamo.

da “Una dura impotenza”, Edizioni Concordia Sette

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Un poeta: Romano Pascutto

(San Stino di Livenza, 1909 – Treviso, 1982)

INSOGNO AZURO

Ancùo son contento, vorìa far ‘na poesia
liziera come l’è ‘sto primo sol de istà
che’l s’ha levà bonora e de bona voia
come ‘na massera che spalanca i veri
a l’aria pura. Ma la pena resta ferma,
el folio bianco, la volontà se nina
fra el far e no far,pian,pianpianìn,
in un insogno azuro. Anca mi ancùo
me sinte drento come ‘na massera
che slarga i brassi e la se senta
dopo che l’ha netà tuta la casa.

CO POCHE PAROE

Co poche paroe far poesia granda
come’l sass co s’cioca su l’acqua
e po’ conta le onde che’l manda.
No far ciasso e gnanca pianzere
come l’è le robe de ‘ sto mondo
che manco le ziga pi’ le è vere.

TEMPO DE BRUMESTEGHE

Me alze co’l scrinzèt.
Come lu me sinte picinin,
ma manco de lu contento
in ‘sto mondo cussì grando.
Lu sora ‘na rama el canta,
mi tase rampegà co fadiga
su ‘sto scaràzz de la vita
che sbrega braghe e cuor.
L’è tempo de brumesteghe,
de costioe roste de porçel
e de vin novo che speta
el Nadal par farse ciaro,
de caivi fissi che sconde
i monti e lustra i copi.
El sol riva a tera tamisà
sul formento morto de fredo.
L’è ora de pensar al caivo
Grando, co i oci se sera
Par sempre e la brumestega
Se ferma là sora ‘na piera.

I DISE

I dise che son un omo tranquilo
e ghe someie al most che boie
ne le brente, a la scorza de vida
che se spaca sora l’ocio primariol,
a la zopa de tera rosa de butoe
taiade a metà, che fùmega al sol.
Son mi busier o’st’ altri mone?
Cossa conta? L’importante l’è viver
Senza tradir el zorno che se nasse,
come vermeti che i metarà le ae.

SERA DE ISTÁ

I pra’ no basta a tegner tute l sol
che’l se ingruma al de qua de i monti
e fraca le palade, impignisse i fossi,
pica recini de oro su le foie de vida.
Un tochèt de specio roto fa ‘ na casera
E po’, vanti che vegna scuro patòch,
l’è un momento che’l mondo se slarga
e el cuor se strenze parchè ghe stemo
drento orbi e senza ae come i notoi.

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Sempre a proposito di scuola…

Riceviamo e volentieri pubblichiamo…

Caro diario,
la scuola è cominciata da più di quattro mesi e ti confesso che sono cambiate un po’ di cose.

Il mio primo giorno di scuola, il mio primo giorno alle medie, perchè questa è la novità, non è stato brutto, a dire il vero lo pensavo peggio.
Arrivata a scuola, stavo aspettando, un po’ intimidita, di entrare in classe.
Non sapevo come funzionava, quindi mi guardavo attorno per capire cosa avrebbero fatto gli altri per poi imitarli.

Ad un tratto una voce gridò: “Mettetevi in fila”.
Io e quelli che sarebbero stati i miei compagni ci dirigemmo, nervosi, verso quella che sarebbe diventata la nostra scuola per i prossimi tre anni.
Entrati in classe, ognuno di noi scelse il posto che preferiva, ben sapendo che i professori, seguendo criteri diversi dai nostri, lo avrebbero cambiato.

In questi quattro mesi, come ho già detto, le cose sono un po’ mutate: sono alle prese con materie nuove, professori al posto delle maestre, compagni e ambiente diversi… il passaggio è stato, e a volte è ancora, faticoso, ma interessante.

Quando ero alle elementari, mi chiedevo sempre come avrei affrontato le medie. Avevo, lo confesso, un po’ di paura, ora posso dire che la mia paura era ed è la stessa di tutti i bambini che, come me, stanno per salire una scala, perché in fondo noi siamo ancora i bambini di 5°, in bilico sopra un gradino con su scritto “non sono né grande, né piccolo”, con addosso il desiderio di essere grande e la paura di non esserne all’altezza.
A questo punto, mi viene in mente il titolo di un libro abbastanza noto, “Io speriamo che me la cavo”, ecco io spero non solo di cavarmela, ma di essere sempre all’altezza di quello che chiedo a me stessa: imparare, imparare ed ancora imparare… ed affrontare serenamente i gradini che dovrò salire durante il mio percorso scolastico.

Un’alunna.

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Poesie

Le poesie qui riprodotte sono tratte da una raccolta, premiata  a Portogruaro come miglior lavoro poetico realizzato nell’ambito scolastico ed è stata redatta dalla classe III della Scuola media statale di Gruaro.

Gioia

Il fiume è felice
Di vivere in curve perfette
Tra carezze di tenere alghe
E allegre voglie di nuoto.
Il fiume è felice
Di scorrere in liquidi nastri
Per cercare il sogno d’andare
Nella calma serena del mare.
Il fiume è felice
Di nutrire squame guizzanti
E bagnare rive assolate
E campi, paesi e città.
Il fiume è felice, felice…

Sonia Nosella

Se fossi…

Se fossi un pesce
Non nuoterei con le altre trote
Ma mi fermerei
Ad ascoltare il fiume.
ShhShhh
Shhhh….
Sussurrano le onde…
Gra gra gra….
Gracida la rana
Swishhh swishh
Ploc.
E questo? Non so.
Vedo un verme bello grasso
Annegare nel fiume.
Mi avvicino cauto e…

Zzzzzz

Il pescatore ritira la lenza.

Giulia Bozza

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Metti una mattina a scuola…

Riceviamo e volentieri pubblichiamo…

7:55. prima campanella. Ancora nessuno all’orizzonte. 8:00. Seconda campana. Una mandria di giovani colorati si riversa in classe, sulle spalle l’Eastpack, in mano l’amato espresso della macchinetta.
Tra i visi assonnati si può già scorgere il terrore del compito della quinta ora, quel terrore che si prova quando si sa di non sapere.

Per fortuna a scuola, almeno in quella, ci si aiuta ancora.
Un matematico impertinente spiega ad un capannello di compagni la formula della circonferenza; un altro decanta Parini; una compagna declina gli aggettivi in tedesco.
Pian piano le menti si animano, i pensieri cominciano a vorticare sempre più veloci.
Le matite fremono, i cancellini indugiano; si pongono domande, si danno risposte.

Oggi in Italia è successo qualcosa di importante. Allora si alzano le mani, i toni si scaldano, sbuffi salgono qua e là come i vapori di una locomotiva; non è vero che ai giovani italiani la politica non interessa; noi ne parliamo eccome. Purtroppo però non se ne capisce granché…

Le lezioni vanno avanti, alcune lente, altre veloci. Ora a scuola si può ridere. Si ride di una battuta di un compagno, del nome assurdo di qualche filosofo medioevale, della bidella che entra correndo. Però si ride. Lo trovo molto bello.

Suona la 5°ora. Dalla retrovie si alzano scongiuri alla martire via, si implora pietà. Nulla da fare: questo compito s’ha da fare.
Le teste si chinano. Ci si avvicina più che si può per farsi coraggio e copiare quella data lì.

Scriviamo, sempre più veloci scriviamo. A volte, scriviamo per quei professori per cui abbiamo passato pomeriggi interi a studiare, per quei professori che ti fanno stare in bilico sulla sedia perché ciò che stanno facendo non è propinarci dati di carta bensì regalarci il loro sapere nella miglior confezione possibile.

Suona. Si consegna.
Si infilano i cappotti le cartelle si chiudono.
La mandria di giovani dai sogni troppo grandi se ne va.
Senza chiudere la porta.

Sara Andreini

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Federico Tavan

Maledeta chê volta

Maledeta chê volta
ch’ài tacât a scrîve
no parceche
al é mal scrîve
ma parceche
era maledeta chê volta
che ère belsoul
e vaîve
e par chist
‘e scrivêve.

Maledetta la volta

Maledetto il giorno/in cui ho cominciato a scrivere/ non perchè/ sia male scrivere/ ma perchè/ era un giorno maledetto/ quello in cui ero solo / e piangevo/ e per questo/ scrivevo.

Ninuta

Lu farêstu l’amour
cu li mê poesies ?
Cuala te plàse de pì ?
Cun cuala te plasarèssal
zî pì volanteir a liet?
Cuala al gjolde
cuala no postu fâ de mancu,
cuala da nicjulâ
coma un orsut de piecja
o da portâ al mar dentre na valisuta ?
Cuala da mostrâ a li amighes?
Cuala da carecjâ cuala da bussâ ?
cuala un ditalìn cuala’na picjàda
de nascondon. Ninuta
favelanse clâr
me soi rot li bales.

Ragazzina

Lo faresti l’amore/ con le mie poesie?/ Quale ti piace di più?/ Con quale ti piacerebbe andare più volentieri a letto?/ Quale  il godere/ quale non puoi farne a meno,/ quale da cullare/ come un orsacchiotto di pezza/ o da portare al mare dentro una valigetta?/ quale da mostrare alle amiche?/ Quale da accarezzare quale da baciare/ quale un ditalino  quale un pizzicotto/ di nascosto. Ragazzina/ parliamoci chiaro/ mi sono rotto le scatole.

da: “Augh!” – Edizioni biblioteca dell’immagine – Circolo culturale Menocchio

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Ernesto Calzavara

Te si dentro

Te si dentro e no te trovo
te si fora e no te trovo
te si da par tuto
fra tute le robe del mondo
le pigne le piaghe le stringhe le ongie
le franze che sponze
le pignate de marenghi remenghi
le patate sgionfe de sono
e me poro nono

e no te trovo.

Ti che te si
fra mi e mi
no te vedo no te trovo
no te trovo.

La scelta

Tra quel che xe fora e quel che xe drento
tra quel che xe nudo e quel che xe vestìo
tra quel che par e quel che xe
tra la màscara e el viso
tra el dir e el far
tra mi e no-mi
tra note e dì
te si ti
mente che trema
‘desso a decìdar

e se sbagli te mori.

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