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“Malacarne” a Gruaro, sabato 3 novembre 2018

COMUNICATO STAMPA del 07/10/2018

sabato 3 novembre 2018 – ore 20.45 – Sala consiliare del Comune di Gruaro

Lettura scenica con accompagnamento musicale: “MALACARNE” – voci, lamenti, grida dalla Grande Guerra.

L’associazione culturale “La Ruota”, su invito e in collaborazione con la Compagnia Teatrale “La Lanterna”, all’interno della 2^ rassegna teatrale gruarese, ripropone la lettura scenica “Malacarne”.

“Malacarne” è una lettura scenica a più voci, con accompagnamento musicale, che conclude il percorso, programmato da “La Ruota”, denominato “Una comunità ricorda la Grande Guerra”.
Il titolo della pièce è tratto dal libro-diario di Vicenzo Rabito “Terra matta” – editore Einaudi, dove l’autore indica se stesso, ragazzo del ’99, e i suoi compagni, con questo termine siciliano, “malacarne”, macellai di carne umana. La voce di Rabito rappresenta una sorta di fil rouge che lega tra di loro le varie parti del testo, raccontate da una ventina di lettori che mescolano le loro voci, passando da una testimonianza all’altra, creando una folla che osserva, racconta, si indigna, soffre, si stupisce e soprattutto non vuole dimenticare.
Si cerca in tal modo di tracciare un quadro complessivo ed articolato dell’evento bellico, partendo dalle veementi dichiarazioni interventiste (Papini, Govoni, D’Annunzio) per poi dare voce a chi la guerra la fa e la subisce (soldati e popolazione civile) in un progressivo e graduale cambio di prospettiva, per cui alla fine, quasi naturalmente, alcune storie prendono il sopravvento e diventano portatrici, per contrasto, di una aspirazione condivisa di pace.

(in allegato la locandina della serata)

  Lettura scenica 'Malacarne', Gruaro (573,4 KiB, 13 download)
Non hai il permesso di scaricare il file.

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Lucia Pellegrin

Anche quella di Lucia Pellegrin, come molte di quelle che abbiamo testimoniato in queste pagine, è la storia di una passione che, nata inconsapevolmente sui banchi di scuola, è esplosa irrefrenabile circa 20 anni fa (nel ’88 per la precisione) ed ha costretto la nostra protagonista a fare i conti con essa.

Lucia ama il teatro, quello dialettale in particolare, non si limita a recitare, ma scrive anche  i testi dei suoi spettacoli, ne cura la regia ed idea e progetta scenografia e costumi. La fase che mi incuriosisce e mi affascina di più di questo suo teatro amatoriale, e glielo dico, è quella ideativa, in particolare quella della stesura del testo, che, una volta pronto, lei propone poi con la sua compagnia, “La Lanterna”, ad un pubblico affezionato ed attento, che la segue da parecchi anni, riempiendo numeroso le sale (mi ha parlato, in alcuni casi, anche di 700 persone). Lucia soddisfa la mia curiosità e dice che lei, autodidatta, prende ispirazione per le sue storie, rivelando peraltro buone doti di affabulatrice, dalla vita paesana, soprattutto quella del passato, dal mondo contadino e, per fare questo, attinge ai suoi ricordi, a quelli dei suoi familiari e delle persone anziane in genere che lei contatta con grande affabilità e tatto. Il suo quindi oltre che di scrittura  è anche un meritorio lavoro di ricerca e salvaguardia che raggiunge l’obiettivo di salvare dall’oblio e di rivitalizzare momenti e figure della nostra vita quotidiana passata.

Per mantenere vivacità ed immediatezza sulla scena a ciò che ha raccolto, Lucia utilizza, come già ricordato, il dialetto gruarese, (affine ad alcune varietà di friulano della Bassa), rinnovandone così l’ascolto se non l’uso. A questo punto del nostro incontro le chiedo come mai, fino a questo momento, viste le sue capacità e risorse interpretative, non abbia mai pensato di fare il salto di qualità, come forse un po’ impropriamente  l’ho chiamato, recitando sì testi dialettali ma d’autore.

Lei, con grande semplicità ma anche determinazione, mi ha confessato che non ama recitare testi altrui, ma soprattutto che in uno dei primi corsi di teatro da lei frequentati, c’è stato un regista, di cui non ricorda il nome, che ha suggerito a loro allievi, come prima regola per ottenere un buon prodotto, di cimentarsi solo in quello in cui erano preparati e “questo- aggiunge Lucia- mi è sembrato un saggio consiglio che non ho mai abbandonato e che mi ha sempre aiutato ad ottenere risultati apprezzabili; perché -aggiunge Lucia- raccontare la vita paesana è ciò che mi riesce meglio, ciò in cui mi sento più a mio agio, perchè è una materia che padroneggio, di cui conosco molte sfaccettature; inoltre -continua- rimanendo legata al territorio, rispondo concretamente alle richieste della gente, che sembra aver bisogno di un collante, dato dal ricordare insieme”.
Soffermandoci ancora sul suo teatro e sulla funzione che esso riveste all’interno di una comunità, Lucia sottolinea ancora una volta la valenza socializzante della sua esperienza e ribadisce che “è importante radunare la gente e farla lavorare assieme”; ricorda, a questo proposito, alcune rievocazioni storiche e Via Crucis, realizzate a Gruaro e a Pramaggiore, che hanno visto coinvolto un buon numero di abitanti dei due paesi e “quando questo accade, provo -dice Lucia- una grande soddisfazione che mi ricompensa di tante fatiche”.

A riprova poi di quanto la gente ami questo tipo di teatro legato al territorio e come a questo lei si senta legata, Lucia aggiunge che le arrivano richieste per i suoi spettacoli da tante località del Friuli e del Veneto, richieste che non può al momento soddisfare completamente per tutta una serie di problemi organizzativi, ma poterlo fare sarebbe per lei il “salto di qualità”.

Mi rimane ancora un’ultima curiosità e le chiedo come mai, nel rappresentare il passato abbia privilegiato la dimensione comica, ma lei mi risponde che non si tratta di un effetto cercato, ma che questa comicità nasce spontaneamente dalle situazioni che rappresenta: lei si limita a pensare ai personaggi e poi i dialoghi vengono di conseguenza.

Per concludere le chiedo di ricordare alcuni titoli delle sue pièces teatrali che riporto qui di seguito:

“Cà comandi mi”
“El figar stà a vardani”
“La vedova blancia”
“Li feri d’agost”
“Quatru fiis in età di morous”
“Giulieta e Romeo”
“La ciasa del nonu”
“Barbablù”.

e allora noto che Lucia si è cimentata anche con Shakespeare, di cui ha ridotto e tradotto in dialetto “Romeo e Giulietta” così anch’io, anima un po’ snob, sono soddisfatta e ricordo che ha fatto lo stesso anche Luigi Meneghello in “Trapianti”, quindi… brava, Lucia.

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