L’energia viene definita nei libri di testo scolastici come la capacità che un sistema ha di produrre lavoro. Cosa sia il lavoro viene poi solitamente illustrato con esempi che molto spesso esulano dalla vita di tutti i giorni. Il concetto di energia, così, rischia di diventare qualcosa di astratto, di impalpabile, che esaurisce il proprio significato solo in applicazioni tecniche. La definizione di energia, apparentemente sterile nella forma, tuttavia contiene in sé una verità profonda, per nulla scontata: energia è movimento, energia è calore, materia, radiazione elettromagnetica, energia è rumore. Tutto ciò che vive ha bisogno di energia; non esiste azione, dalla più complessa alla più semplice, che l’uomo possa fare senza dover per forza utilizzare energia. Se ne consuma per alzarsi dal letto, per andare al lavoro, persino per pensare o per comunicare.
Il primo principio della termodinamica, che è il ramo della fisica che studia le trasformazioni dell’energia, insegna che essa non si crea, né si distrugge, ma si conserva, manifestandosi in diverse forme. Il secondo principio della termodinamica, però, ammonisce che tutti i processi di trasformazione dell’energia, comportano inesorabilmente un degrado di essa, che globalmente si conserva in quantità, ma perde in qualità ed in parte diventa inutilizzabile. Con il secondo principio della termodinamica, quindi, bisogna fare i conti ogniqualvolta si accenda una lampadina, o si viaggi in automobile o si riscaldi una casa; con esso si deve confrontare l’intera struttura della società industriale, che può esistere esclusivamente grazie all’utilizzo di ingenti quantità di energia. Essa si degrada e proprio per questo ha un prezzo, che viene pagato in termini di denaro, di effetti sull’ambiente, di equilibri geopolitici. Il bicchiere da cui la società industriale beve l’energia per la propria sussistenza non è infinito, e più energia viene consumata, più diventa costosa.
Esiste però una fonte di energia che non ha prezzo, che può essere considerata inesauribile e rinnovabile, se paragonata ai tempi dell’uomo. Questa fonte è il Sole, che da miliardi di anni è il motore della vita sulla Terra. Il Sole non costa niente, non inquina ed è alla portata di mano di tutti. Il Sole riscalda l’atmosfera, muove i venti e le correnti marine, fa crescere gli alberi, fa evaporare l’acqua che ricade come pioggia e riempie i fiumi. Il Sole dona ogni giorno alla Terra una quantità di energia enorme che aspetta solamente di essere catturata ed utilizzata.
Di come sia possibile farlo parlerà “La Ruota” venerdì 18 febbraio alle ore 20:30 presso la Sala consiliare del Comune di Gruaro.
Relatori saranno Vittorio Bearzi, tra i massimi esperti in Italia sui pannelli solari per la produzione di acqua calda e per il riscaldamento, e Paolo Ziliotto, conoscitore delle vie e dei finanziamenti che le amministrazioni locali mettono a disposizione di tutti per avere energia pulita e gratuita da un raggio di Sole.
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A proposito di “Cultura”…
Io penso che la cultura sia un grande tesoro, una enorme fortuna che tutti noi abbiamo a disposizione. È come avere un deposito dell’insieme dei concetti, codificati in molti modi, che ci danno la possibilità di interagire con efficacia, in maniera innovativa, utilmente, con gli eventi esterni ed interni a noi stessi. I modi con cui questi concetti sono codificati dalla cultura sono molto vari: da forme più logiche ad altre più intuitive, una gamma di modalità che va dall’arte figurativa alla musica, dalle lettere alla scienza. Questi concetti ci permettono di ottenere dei risultati anche pratici diversi o migliori a parità di impegno profuso. Effettivamente io intendo la cultura come condivisione della conoscenza, che porta ad ulteriori approfondimenti in chi entra in contatto con essa: è la possibilità di fare luce in situazioni altrimenti oscure, di trovare un percorso senza la necessità di procedere a tentoni; mette in condizione di “partire tutti dalla stessa posizione”, di avere, potenzialmente, le stesse possibilità nel percorso della vita.
Giudico invece negativo l’uso dei concetti e delle conoscenze, e la loro diffusione, in modo “fondamentalista”, ovvero quando il sistema di conoscenze è proposto, o addirittura imposto, come l’unica verità, senza possibilità di dibattito e verifica, ed ogni altro punto di vista è bollato come “falso”. La cultura deve servire ad aprirci gli occhi, ad estendere i nostri punti di vista, non a renderci più ciechi!
Sono quindi convinto che sia bene che ognuno di noi si sforzi di diffondere le sue e le altrui idee, per contribuire al percorso che egli stesso ha intrapreso e, data l’interdipendenza che io vedo tra tutti noi, degli altri.
A questo proposito propongo un’ultima riflessione sulla resistenza alla diffusione di idee per il timore di perderne “l’esclusiva”. Io penso che ci si possa tranquillizzare per il fatto che le idee sono sempre collegate anche alle persone e al loro modo di diffonderle e di metterle in pratica, cosa che ognuno fa in modo personale, con la sua impronta unica: questa nostra unicità ci garantisce dalla perdita. È altresì vero che la condivisione delle idee sottintende una certa disponibilità a rivederle e modificarle con il contributo di quelli a cui le diffondiamo, e mal si adatta a situazioni statiche, a persone che vogliono mantenere posizioni acquisite in modo rigido. Ma quest’ultimo atteggiamento, seppure spontaneo e fonte di apparente sicurezza, non è “vincente” a lungo termine: l’esterno e l’interno di noi stessi non è statico, e allora è più realistico ed utile considerare il cambiamento come un aspetto da assecondare, a cui essere almeno in parte disposti, piuttosto che, ciecamente, come un elemento da contrastare.
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