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Comunicare per capire: contributo per un dibattito

Beslan
“Madri impazzite guardano
vecchi recitare orazioni
su libri rigonfi di pianto”

T.B.

Come parlarne ai bambini.

La breve ma intensa poesia, oltre che riproporre l’assurda atrocità di quanto accaduto in Ossezia, ci aiuta a focalizzare, nell’ambito della galassia comunicazione, un aspetto delicato e problematico: se e come parlare con i bambini di tragedie ed atrocità che accadono attorno a loro.
Ho trovato particolarmente stimolante, su questo argomento, un articolo di Fulvio Scaparro, pubblicato su “Il Messaggero di Sant’Antonio” di Novembre.
Scaparro, sollecitato, come lui dice, da numerose lettere e richieste di chiarimento e consiglio da parte di genitori, insegnanti, lettori, adulti in genere, ha elaborato, riprendendo una riflessione maturata sulle pagine del “Corriere della Sera” all’indomani dell’ 11 settembre, una specie di vademecum, che può costituire una valida base per un confronto ed un dibattito. Di fronte a tragedie, o a fatti cruenti in genere, che hanno per protagonisti i bambini, egli sottolinea il ruolo di mediatore che è necessario assuma l’adulto, il quale deve:

  1. Controllare la propria emotività, la propria angoscia.
  2. Non forzare i tempi e saper scegliere il momento più opportuno per intervenire, in quanto sono in ballo sentimenti ed emozioni.
  3. Non anticipare quindi le domande dei bambini, ma essere sempre disponibile a rispondere ai loro interrogativi.
  4. Non evitare  però di affrontare il problema perché il non detto, l’appena percepito, l’intravisto in TV, è peggio del sapere ciò che è accaduto realmente. La verità, per quanto dura, è comunque una sorta di certezza che non riduce la paura, ma tiene sotto controllo l’angoscia.
  5. Lasciare spazio alla speranza e al cambiamento.
  6. Aiutare a capire cosa succede, quindi via libera a domande, ad interpretazioni, che permettano ai bambini di dare spazio alle loro emozioni.
  7. Non impedire loro di esprimersi, anche se non siamo d’accordo con le loro interpretazioni, in questo caso diciamo il nostro parere con pacatezza senza sovrapporre d’autorità le nostre opinioni.
  8. Cercare quindi insieme risposte convincenti.

Solo così, conclude Scaparro, “l’emergenza può rinforzare legami di solidarietà e non essere un’occasione di divisione e di litigi”.

Riduzione a cura di Gigliola Bittolo Bon

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Perchè la “comunicazione”?

“E’ il linguaggio, non le idee a unire gli uomini.”
Edgar Morin

Questa è forse la domanda che si faranno in tanti, pensando al primo argomento al quale “La Ruota” ha deciso di dedicare 3 serate, presso la sala delle associazioni di Gruaro. Una risposta esaustiva richiederebbe decine di pagine, ma, per questioni di spazio, ci limiteremo a sfiorare appenala moltitudine di argomentazioni inerenti al tema e a fare, al loro interno, una scelta che dovrebbe fornire materia di riflessione per tutti, a Gruaro e fuori.
Oggi il Paese Italia soffre di mancanza di una reale pluralità mediatica e di vettori di comunicazione indipendenti.
Questa situazione si riflette anche nella piccola realtà di Gruaro, dove non esiste alcun mezzo di comunicazione  (TV, radio, giornale locale e indipendente) che raccolga e divulghi i pensieri dei cittadini, che li spinga a mettersi assieme e li renda consapevoli del ruolo e della responsabilità che hanno, o possono avere, all’interno di una comunità. I punti d’incontro e d’aggregazione, poi, sono carenti o inesistenti. Ci sono sì i bar e le osterie,le persone si recano però, essenzialmente a scopo di relax. Indubbiamente i tempi sono cambiati, la società è mutata economicamente, la compagine sociale si è ulteriormente articolata ed anche la vita di un paese di campagna, con il mutamento di costumi ed abitudini, non può più contare, come un tempo, sulla coesione dei suoi abitanti. Ormai ognuno, puntando sulla tecnologia e trovando psicologicamente sicurezza in essa, pensa di potersela cavare da solo e ciò provoca una perdita di comunicazione, una emorragia di contatti e favorisce l’individualismo più sfrenato. La comunicazione, che una volta avveniva prettamente da persona a persona, si è quindi spersonalizzata e sembra essere rivolta quasi esclusivamente al tornaconto personale più che al bene del gruppo; ha assunto, come sua filosofia spicciola, quella del detto “mi penso par mi, ti pensa par ti!”. Questa evoluzione del modo di relazionarsi porta ad una società conflittuale, insofferente, che non capisce l’altro; in essa poi c’è anche chi trae vantaggio dall’assenza di una comunicazione fatta di confronto, non di pura trasmissione, perché è più facile controllare una massa di individui omogeneizzati che tante individualità pensanti. In questo quadro così complesso si inserisce “La Ruota”, che non ha certo la presunzione di offrire risposte e soluzioni definitive al problema, ma vuole dare un contributo alla riflessione, alla presa di coscienza di quanto esso sia presente anche tra noi, qui, a Gruaro. Di qui la decisione di analizzare più da vicino i meccanismi della comunicazione e per farlo abbiamo chiestoal dottor Ezio Ciancibello di mettere a disposizione, per riflettere insieme, le sue competenze.
Tutto questo con la speranza che questi dibattiti, e quelli futuri, coinvolgano un numero sempre maggiore di nostri concittadini.

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A proposito di cultura…

Quando, poco tempo fa, è nata “LA RUOTA” associazione culturale, io sono entrato a farne parte e subito mi sono posto la domanda: “Che cos’è cultura?” ho cercato tra me e me la risposta. Ho avuto qualche perplessità, anzi, mi colse un senso di timore, sensazione che prende ognuno di noi quando ha a che fare con qualcosa di nuovo o di sconosciuto. Senza scoraggiarmi però mi son detto: “Ecco un obiettivo da raggiungere, devo darmi una spiegazione convincente del termine, devo trovare la strada giusta” ed ho cominciato la mia piccola ricerca.
Quale miglior strumento ci può essere, per una definizione sintetica e soddisfacente di una parola, del vocabolario?

Avevo a portata di mano quello vecchio, di mio padre, uno Zingarelli degli anni ’50 che alla parola cultura recitava: “Cultura: istruzione, erudizione dello spirito. Conoscenze principali dei vari rami del sapere”.

Non del tutto soddisfatto ho recuperato il mio vocabolario, un Garzanti più o meno recente che diceva: “cultura: 1- qualità di chi è colto; l’insieme delle nozioni che qualcuno possiede. 2- l’insieme della tradizione e del sapere scientifico, letterario e artistico di un popolo o dell’umanità intera”.

In quel momento il concetto di cultura mi si stava delineando, ma ormai ero incuriosito dalla vastità di significati che potevano essere rinchiusi nella parola “cultura”.
Mi sono servito allora del mezzo più potente a mia disposizione, internet, ho fatto una piccola ricerca e sono rimasto immediatamente stupito dai primi risultati. Sono riuscito a trovare centinaia di migliaia di siti che avevano come argomento principale la cultura, ma ognuno di essi esaminava al suo interno una materia specifica. Ho trovato siti di cultura letteraria, cultura agricola, cultura imprenditoriale, cultura fitness, cultura Maya, cultura umanistica, cultura sanitaria, ecc.
Sempre più incuriosito ho letto le varie definizioni di cultura presenti nei vari siti e ho trovato un filo conduttore comune che ha reso concretamente possibile che io mi facessi un’idea personale sull’argomento.
Ed ecco le mie conclusioni, la cultura è un insieme d’insegnamenti, esperienze, scoperte e tradizioni che ogni individuo può imparare dalla società e, a sua volta, può mettere a disposizione della stessa. Nel corso della storia la distinzione tra cultura alta e bassa è sparita perché, grazie alla comunicazione crescente, i campi del sapere sono sempre più vasti ed ognuno di noi è custode di una parte di esso. Per esempio una laurea certifica solo una cultura specifica, ma chi non è laureato avrà ugualmente una sua cultura, meno specialistica, ma allargata ad altri campi del sapere.
Quindi niente paura, ognuno di noi è custode della propria cultura e sta a noi accrescerla nelle molteplici direzioni del sapere.

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PENSIERI diVINI!

Non c’è praticamente
cultura al mondo
che non abbia
conosciuto e fatto
uso, sacro e profano,
di sostanze alcoliche,
inebrianti, ma, qualsiasi ne sia il mezzo, lo
scopo del bere sembra essere stato il medesimo
attraverso i tempi: il tentativo di uscire da un quadro di vita avvertito come ripetitivo,  banale, soffocante  o  insopportabile
per  approdare a rive di sogno,  di rilassamento, di esaltazione  o  di  superamento dell’incertezza  e  dell’angoscia.  Il consumo delle bevande   alcoliche  appartiene  perciò    alla   struttura stessa  del festeggiare ed il vino, in particolare, invoglia all’abbandono, specie se bevuto   in gioiosa  compagnia.  La  serata propone  perciò   un   viaggio    sorridente   e   frizzante  attraverso  le  storie,  i versi, gli aforismi, gli scherzi, i deliri ed i canti di  poeti,  scrittori,   saggisti, cantautori,   studiosi   ed……….ubriachi vari che,    come  dice
Baudelaire, hanno dato voce all’anima del vino che canta
nelle bottiglie. E questo argomento, che inzuppa
la letteratura di ogni luogo e di ogni tempo,
sarà servito a  temperatura   ambiente,
il 27 novembre, nella sala consiliare
del municipio di Gruaro.